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Mi chiamo Francesco Totti: recensione del doc in streaming

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Recensione del documentario Mi chiamo Francesco Totti, diretto da Alex Infascelli, e dedicato ai venticinque anni di carriera del capitano giallorosso

Mi chiamo Francesco Totti è il documentario sull’ex calciatore e capitano della Roma.

Il film, diretto dall’esperto Alex Infascelli (David di Donatello per S for Stanley), è stato presentato con successo, e non poteva essere altrimenti, all’ultima Festa del Cinema di Roma.

La trama del film

Notte. In uno stadio Olimpico deserto si aggira Francesco Totti. È in tenuta borghese. Osserva. Va negli spogliatoi.

Ogni cosa è un ricordo, un immagine. È arrivato il momento di tornare indietro, di rigustarsi il percorso.

E su questo proposito, quello di andare indietro, che comincia il lungo flashback che è il documentario stesso, cadenzato dalle parole sincere dello stesso Francesco Totti.

Il film indietro ci va tanto… grazie all’incredibile materiale di repertorio di cui dispone la famiglia.

Francesco è stato ripreso fin da bambino, quando ancora nessuno sapeva che sarebbe diventato Totti.

E allora, non si può che partire dall’inizio, dai primissimi calci…

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La recensione

Il documentario voluto da Totti e dedicato alla sua carriera era atteso da molti. Il momento, in effetti, è decisamente opportuno.

Viviamo un periodo piuttosto difficile e guardarsi indietro, ricordare ciò che di bello e appassionante abbiamo vissuto, può essere una medicina efficace.

Premesso che data l’importanza del calciatore, per quello che ha significato per un’intera città, il popolo romano, un omaggio al capitano della Roma avrebbe avuto riscontro di pubblico in ogni caso.

Non fosse altro che nel paese Italia, lo sport del calcio, segna il tempo, lo governa, gode di un seguito persino esagerato e sta lassù insieme al cibo e poco altro.

Il lavoro di Infascelli deve dare merito all’eccezionale materiale di repertorio. Una volta scoperto, il cineasta ha avuto la strada libera per impostare quel tipo di struttura.

Peccato che si sia limitato solo a quello. Ho sentito della pigrizia da parte di Infascelli… in gergo diremmo che “ha fatto il compitino“.

Cito come esempio la costruzione delle scenette pre partita finale, molto finte e fuorvianti rispetto il resto.

Imperdonabile, per quanto mi riguarda, la svista finale: Totti quel pallone non può fermarlo con le mani. Deve fermarlo con i piedi!

Molto azzeccata l’idea della voce fuori campo (ottima concettualità) di Totti che tiene unite le varie fase del racconto.

Inutile stare a recriminare su eventi omessi, non raccontati… in una carriera durata venticinque anni era alquanto difficile far stare dentro tutto in un lasso di tempo consono.

È evidente la scelta di concentrare molto la seconda parte della carriera di Totti per arrivare a concentrarsi sul giorno della sua ultima partita.

Il giorno dell’addio. Un giorno che ogni tifoso della Roma ricorda. Molte emozioni ma anche tanta amarezza.

Possiamo dirlo: aveva ragione lui. Doveva continuare a giocare e decidere lui quando smettere.