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Migranti: no naufragi di Stato. Protesta sotto il Ministero

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Gli attivisti di #RestiamoUmani protestano sotto il Ministero dei Trasporti contro le politiche sui migranti di Lega e M5S. Toninelli non li riceve.

Un gruppo di manifestanti della rete #RestiamoUmani si è radunata oggi, mercoledì 11 luglio 2018, sotto la sede del Ministero dei Trasporti. Gli attivisti denunciano le politiche sui migranti che il governo Lega-M5S sta portando avanti, poiché violerebbero la Convenzione ONU sul Diritto del Mare e soprattutto mettono in atto una “istituzionalizzazione dell’omissione di soccorso”. Da Danilo Toninelli neanche un commento.

Restiamo umani

Il monito di Vittorio Arrigoni, il pacifista ucciso nell’aprile 2011 nella Striscia di Gaza, risuona anche sotto il Ministero dei Trasporti. Un centinaio di attivisti della rete #RestiamoUmani, infatti, si sono radunati sotto la sede del dicastero in via Nomentana a Roma per protestare contro le politiche che il governo sta adottando sui migranti.

“L’obbligo di soccorso, sancito dall’articolo 98 della Convenzione ONU sul Diritto del Mare, è il principio chiave del diritto della navigazione e un dovere statuale, messo in atto attraverso la persona del Capitano a bordo della nave chiamata a intervenire, per compiere un imprescindibile atto di solidarietà: tendere una mano, il fondamento della legge tacita dei marinai” ricorda infatti su Facebook Baobab Experience, un’organizzazione di volontariato attiva dal 2015 per fronteggiare l’emergenza migratoria.

I manifestanti si sono dati appuntamento sotto il Ministero guidato da Danilo Toninelli questa mattina, mercoledì 11 luglio 2018, per chiedere infatti prima di tutto che il governo fermi “subito il processo in atto di istituzionalizzazione dell’omissione di soccorso”.

Le richieste

Gli attivisti chiedono inoltre che “l’Unione europea si assuma la propria responsabilità in mare, mettendo a disposizione assetti con un chiaro mandato SAR, di ricerca e soccorso”. Al governo italiano, la rete #RestiamoUmani chiede poi di non impedire “il regolare e legale svolgimento delle operazioni di soccorso, chiudendo i propri porti attraverso dichiarazioni d’intenti su internet, non traducibili in atti ufficiali e non supportate da alcuna base giuridica plausibile”. Il riferimento è al caso della nave Diciotti della Guardia costiera, che il Viminale non voleva far attraccare in Italia perché aveva soccorso 62 migranti.

Gli attivisti, infine, chiedono ai “rappresentanti dei governi europei” di trovare “soluzioni strutturali e non emergenziali, né tantomeno basate sulla deterrenza – come quelle attuali – ma piuttosto sulla responsabilità di proteggere i diritti, di tutti: attraverso l’istituzione di vie legali e sicure per la migrazione, che si deve accettare come un fatto umano e come un fondamentale diritto”.

Greenpeace: “Naufragi di Stato”

Della rete #RestiamoUmani fa parte anche Greenpeace Italia, i cui attivisti erano ugualmente presenti davanti al Ministero dei Trasporti con tanto di giubbotti di salvataggio e salvagenti. Davanti al dicastero hanno inoltre aperto uno striscione con scritto “Naufragi di Stato” perché, si legge in una nota stampa: “Il Mediterraneo è ogni giorno di più teatro di stragi, con centinaia di persone annegate”.

“Riteniamo che lo Stato italiano e l’Unione europea siano responsabili di queste morti, che si possono evitare con la presenza di assetti preposti al soccorso, con l’impegno alla creazione di vie legali e sicure per la migrazione, con un’equa distribuzione su scala europea degli sforzi volti a un’adeguata ricezione e accoglienza delle persone in arrivo” si precisa.

Greenpeace ricorda: “L’Italia per molto tempo è stata in prima linea nel Canale di Sicilia, con Guardia Costiera e Marina Militare che hanno salvato centinaia di migliaia di vite. Tuttavia, dall’inizio del 2017 a oggi, stiamo assistendo a una stretta sempre più forte al margine d’azione delle navi civili in mare che soccorrono, testimoniano e denunciano”. “La Dichiarazione di Malta del febbraio 2017, firmata dall’allora ministro Minniti, ha ufficializzato il supporto europeo alla Libia, concentrando le politiche comuni sul contenimento della migrazione e sull’esternalizzazione delle frontiere, in combinazione con un attacco politico e mediatico alle Ong che prestano soccorso in mare”.

Più di 1000 morti da inizio anno

“Il ministro Salvini continua dunque nel solco di una linea già ben tracciata dai governi precedenti” denunciano gli attivisti, sottolineando che “queste politiche e la riduzione dei soccorsi hanno aumentato il numero di persone che annegano nel Mediterraneo centrale”. Greenpeace rammenta infatti che, nonostante i naufragi non facciano ormai più notizia, sono già oltre 1000 le morti confermate dall’inizio del 2018.

“Il Canale di Sicilia ha raggiunto il drammatico primato di confine più letale al mondo, con una persona su 7 dispersa nel solo mese di giugno”, come da dati dell’UNHCR. “Un tragico traguardo, raggiunto per il quinto anno consecutivo, nonostante il calo nel numero di arrivi. – sottolinea greenpeace – L’elevata perdita di vite umane dimostra quanto sia urgente rafforzare le capacità di ricerca e soccorso nella regione e aprire canali legali di arrivo”.

Libia non è un porto sicuro

Gli attivisti che oggi protestano pacificamente sotto il Ministero dei Trasporti evidenziano inoltre che “ricondurre forzosamente in Libia le persone intercettate in mare dagli assetti libici non è una soluzione, ma non è altro che un ‘respingimento per procura’”. “La Libia non è un ‘posto (e nemmeno un porto, ndr) sicuro’, come richiede la normativa sul soccorso rispetto al luogo di sbarco. – chiarisce Greenpeace – Per questo l’Italia è già stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel 2012 per la pratica dei respingimenti collettivi sotto il regime di Gheddafi“.

“Non ci riconosciamo in un sistema che finanzia e supporta un ciclo di abusi per cui le persone intercettate in mare, una volta rimandate sulle coste libiche, sono soggette a un regime di detenzione arbitraria e illimitata e condotte in centri di detenzione governativi, quando non vendute a gruppi criminali” precisano i manifestanti.

“In entrambi i casi sono infinite le testimonianze di torture, stupri, estorsioni. – proseguono – I diritti delle persone in movimento sono inalienabili: sono i nostri diritti. Le presenti politiche stanno minacciando i diritti civili, che lo Stato ha il dovere e la responsabilità di proteggere e che non può opprimere, né tantomeno annegare”.

Toninelli non si presenta

L’intenzione delle attiviste e degli attivisti era quella di essere ricevuti dal ministro dei Trasporti Danilo Toninelli. Il pentastellato però non si è presentato e non ha rilasciato alcun commento, come se non fosse successo niente. Non solo. Gli attivisti, incatenati in protesta pacifica e non violenta davanti l’ingresso del dicastero, denunciano il fatto che la polizia avrebbe impedito “l’accesso di acqua e viveri all’interno per rifocillare le persone” come riferisce Baobab Experience su Facebook, chiedendo quindi a tutti “di passare” davanti al Ministero per portare un po’ di solidarietà.

“Non riusciranno a farci credere che sia normale rimanere inermi a gurdare la strage nel Mar Mediterraneo, così come non è normale riportare le persone nei lager libici dove sono sopravvissuti a torture e violenze” assicurano infatti i manifestanti.