Il racconto parte dall’esperienza del signor Mario Preti, 61 anni, titolare di un’azienda agricola in Veneto. “Agli italiani lavorare in campagna non piace. Andate a fare un giro per Gavello. I giovani li trova seduti davanti al bar a bighellonare. Il fatto è che i migranti stranieri hanno fame, ovvero voglia di lavorare. Questa è la verità. Poi se occorre lavorare di domenica per raccogliere e preparare i prodotti non si tirano certo indietro”.
Mario Presti rivela quindi che se non avesse gli immigrati a lavorare nei suoi campi, dovrebbe chiudere l’azienda. Mario, 61 anni, titolare di un’azienda agricola a Gavello, in provincia di Rovigo, porta avanti la sua attività insieme alla figlia Gaia. A lui sembrano assurde le polemiche che si riferiscono alla presunta “invasione” di profughi che scappano da fame, miserie e guerre verso l’Europa. “Se non ci fossero loro non potrei lavorare”, dice l’imprenditore. Grazie agli operai stranieri, Mario riesce a raccogliere i frutti della sua terra: meloni e angurie dei suoi campi. Tutti lavori che gli italiani oggi non vogliono più fare.
Migranti e profughi: una risorsa anziché un peso
“Ai miei tempi – ha raccontato il signor Preti alla Nuova Ferrara – quando ero studente in estate si andava a raccogliere la frutta per poter guadagnare qualche soldo. Così ci si poteva comprare il motorino o fare altre spese. Ora tutto è cambiato”. Per raccogliere i prodotti del suo raccolto, Mario devo ricorrere alla manodopera straniera, soprattutto a operai provenienti dal Marocco o dalla Polonia oppure da altri paesi dell’Est Europa. Come tutte le altre aziende, continua Mario, lui paga regolarmente i lavoranti secondo le tariffe e osserva tutti gli obblighi previsti dalla legge.
Agli italiani lavorare in campagna non piace più, Preti ne è convinto. “Andate a fare un giro per Gavello. I giovani li trova comodamente seduti davanti al bar a bighellonare. Il fatto è che i lavoratori stranieri hanno fame, ovvero voglia di lavorare. Poi se occorre lavorare la domenica per raccogliere e confezionare i prodotti non si tirano certamente indietro. Se non ci fossero i lavoratori stranieri non riuscirei a fare andare avanti la mia azienda”. Mario racconta che lo scorso anno era riuscito a trovare quattro giovani studenti italiani per lavorare nei suoi campi. Ma alla fine li ha dovuti mandare a casa. I ragazzi, infatti, arrivavano sempre tardi e lavoravano di malavoglia. Erano sempre attaccati al telefonino. Quest’anno, su una quindicina di operai, Mario dice di avere assunto solo due lavoranti italiani.