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Migranti, Ungheria davanti alla Corte di Giustizia Ue

Ungheria davanti alla Corte di Giustizia Ue

Il governo di Orban si è rifiutato di accogliere i 1.294 migranti a lei assegnati e ha varato l'emendamento costituzionale "Stop Soros".

L’Ungheria dovrà presentarsi davanti alla Corte di Giustizia europea. Lo ha stabilito la Commissione Ue, chiudendo una procedura avviata nel 2015. Il governo di Viktor Orban non ha mai rispettato le decisioni prese dall’Unione per quanto riguarda l’accoglienza dei richiedenti asilo e il ricollocamento dei migranti provenienti dal Medio Oriente che superano i confini europei.

Quota zero migranti

Sono 1.294 i migranti provenienti da Italia e Grecia che l’Ungheria avrebbe dovuto accogliere, secondo quanto stabilito nel 2015. Una quota minima, se si considera che il totale ammonta a 90 mila persone per l’intera Ue. Eppure, a tre anni di distanza, neppure un richiedente asilo è stato accettato dal governo ungherese. La Commissione europea ha accusato il governo di Orban di fermare i migranti “in maniera indefinita” e di trattenerli senza prima sottoporli a un regolare iter burocratico e giudiziario. L’Ungheria ha recentemente modificato la propria legislazione: se un tempo i migranti potevano sostare nei campi di accoglienza per un massimo di un mese, ora è possibile trattenerli fino a tempo indefinito.

La chiusura delle frontiere ungheresi ha conseguenze sull’intera Unione. Si stima che fino ad oggi solo un terzo dei 90 mila migranti indicati nel 2015 siano stati efficacemente ricollocati.

Legge “Stop Soros”

George Soros è divenuto il capro espiatorio e principale bersaglio della politica di Viktor Orban. Il presidente ungherese ha varato un emendamento costituzionale dal nome “Stop Soros” che non solo impedisce l’accoglienza dei migranti ma punisce severamente chiunque li aiuti. Il nome della legge deriva dal fatto che ad essere direttamente colpite dall’emendamento sono le Ong finanziate dal filantropo magiaro, indicato come “nemico numero uno” della nazione e dell’Europa intera perché promotore di una “invasione islamica”.

Il caso della Polonia

Quello ungherese non è un caso isolato. Anche la Polonia si è infatti rifiutata di accogliere i 6.100 migranti a lei assegnati. A maggio, Orban e il suo omologo a Varsavia, Mateusz Morawiecki, hanno ribadito la “piena sintonia” sulla chiusura dei confini nazionali. Il paragone, per voce della premier polacca Beata Szydlo, tra l’invasione odierna dal Medio Oriente e lo sterminio degli ebrei da parte dei nazisti ha sollevato numerose polemiche. Lo stesso Donald Tusk, ex premier della Polonia e attuale presidente del Consiglio europeo, ha dichiarato che “simili parole pronunciate in quel luogo non dovrebbero mai uscire dalla bocca di un capo di governo polacco”.