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Milano, ragazza violentata in un canale di scolo: "Non pensavo di uscirne viva, supererò questo schifo"

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Una ragazza di 26 anni è stata violentata in un canale di scolo a Milano, vicino all'ospedale San Raffaele, dove lavora.

Una ragazza di 26 anni è stata violentata in un canale di scolo a Milano, vicino all’ospedale San Raffaele, dove lavora. La giovane è mamma di due bambine, a cui non racconterà mai quello che le è successo. 

Milano, ragazza violentata: “Per le mie figlie provo a scrollarmi di dosso lo schifo” 

Una ragazza di 26 anni, dai lunghi capelli castani, ha raccontato al Corriere la violenza subita lo scorso 9 agosto, che sta cercando di superare. La donna è mamma di due bambine, una di 9 anni, avuta a 17 anni, e una di 7 anni. “Mai le dirò quello che mi è successo” ha giurato a se stessa. “È andata così e quel che è successo non si può cambiare, purtroppo. Ma alle donne che come me hanno subito un torto così grande vorrei dire: possiamo farcela, possiamo uscire anche da una notte così buia. Dobbiamo solo resistere e cercare un po’ di luce nelle persone che ci vogliono bene. Io ho le mie bambine. È per loro che provo ogni giorno a scrollarmi di dosso lo schifo di quella mattina” ha raccontato la ragazza, che è stata violentata in un canale di scolo vicino all’ospedale San Raffaele, dove lavora. Dopo due settimane il suo aggressore, un egiziano in Italia da irregolare, è stato arrestato e dovrà presentarsi davanti al giudice a marzo. “Non voglio né vederlo in udienza né lo potrò mai perdonare. La sola cosa che desidero è che resti in carcere. La sola cosa che voglio sapere di lui è quanti anni rimarrà dentro” ha precisato la ragazza. 

Il racconto della violenza subita

La giovane ha raccontato che erano le 6.30 del mattino, quando è scesa alla fermata della metrò di Cascina Gobba, per recarsi all’ospedale. Aveva le cuffiette, ma ha sentito una presenza dietro di lei. Un uomo con pantaloncini corti e uno zainetto sulle spalle, che sembrava andasse di fretta. La donna si è spostata per farlo passare ma lui non la superava, allora lei ha accelerato il passo. “Finché sono arrivata davanti a quel fossato e lui mi ha spinto dentro. Il fossato finisce in un buco e nel buco c’era un tubo… È successo tutto lì, dentro il tubo. Con lui che continuava a ripetere quel suono fastidioso…” ha raccontato la 26enne. Il suono era un tentativo di farla stare in silenzio, mentre lei urlava e lo pregava di non farle del male. “Per zittirmi a un certo punto mi ha messo la sua mano lercia sulla bocca, ma mi chiudeva anche il naso e mi stava soffocando. Ho pensato alle mie bambine, ho avuto paura che non sarei mai più uscita viva da quel buco. Il suo ginocchio premeva sulla mia schiena. Non potevo fare nulla, soltanto aspettare che finisse” ha aggiunto la donna, sottolineando che era terrorizzata e che ha aspettato prima di uscire da quel luogo per paura che lui fosse ancora lì. “Sono riemersa che erano più o meno le sette. Sono arrivata al San Raffaele che mi guardavano tutti. Ero sporca, spettinata, piena di terra… uno schifo. Ho raggiunto le colleghe che tremavo. Una di loro mi ha portato al pronto soccorso” ha spiegato. 

Ragazza violentata a Milano: “Ho tutte le paure del mondo”

La donna è stata visitata e ha incontrato l’ispettrice che ha seguito il caso. “Sono dovuta tornare nel buco con una pattuglia per le indagini: hanno trovato e preso il mio elastico dei capelli e le cuffiette che mi erano cadute, hanno cominciato a guardare i filmati delle telecamere del mio percorso. Mi seguiva dalla stazione del metrò” ha raccontato la ragazza. L’uomo non ha rubato niente alla donna, la seguiva con lo scopo di violentarla. “Ho tutte le paure del mondo. Mi spavento se un uomo mi fissa, mi spavento se un uomo viene verso di me, mi spavento se ho la sensazione di avere qualcuno alle spalle. Ho paura degli uomini. Mi sento più sola e mi sembra che non ci sia una persona che mi capisca davvero. Il padre delle bambine è ricomparso da poco ma con lui non ho avuto contatti per anni. Con il fidanzato ho rotto. Insomma: non è facile. Ma va ogni giorno un po’ meglio. Deve andare meglio” ha aggiunto, spiegando che da quel momento non ha più fatto quella strada, ma ha deciso di andare a lavoro in autobus, anche se allunga la strada. La donna ha spiegato che quando lo hanno arrestato si è sentita sollevata, ma non lo perdonerebbe mai. Le sue bambine l’hanno vista tornare a casa triste e dolorante e hanno fatto molte domande. “Ho detto che sono caduta. E loro: ma mamma, come fai a cadere? Sono andata in bagno e sono scoppiata a piangere. Per loro fingo che vada tutto bene anche quando non va tutto bene. Ce la farò ma è ancora troppo presto: una parte di me è ancora in quel buco” ha aggiunto.