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Morte dello chef Narducci: emerge una nuova testimonianza

Alessando Narducci

Proseguono le indagini sulla morte del giovane Chef occorsa lo scorso giugno a Roma. Una nuova testimonianza conferma i sospetti degli investigatori.

Proseguono le indagini sulla morte dello chef Alessando Narducci, rimasto ucciso assieme alla sua passeggera Giulia Puleio in un incidente stradale la notte tra il 21 e il 22 giugno scorsi.

La morte dello chef Narducci

I due amici erano in moto, quando un violento urto con una autovettura li ha sbalzati a terra e uccisi. L’auto che ha impattato contro i due giovani era guidata dal trentenne Fabio Feola, che a causa dell’incidente è indagato per omicidio stradale plurimo. Già secondo una prima ricostruzione effettuata dagli investigatori nelle ore immediatamente successive all’incidente il giovane revisore contabile originario del casertano avrebbe invaso la corsia di marcia nella quale viaggiavano i due ragazzi forse a causa di una distrazione, andando così ad impattare contro la loro moto.

Il sospetto che la vettura procedesse contromano

Sospetti che trovano conferma in una nuova testimonianza, portata da un ciclista che stava percorrendo quel tratto di strada nel momento dell’impatto e che sarebbe stato ascoltato dagli investigatori nei giorni scorsi. Anche secondo la sua testimonianza infatti l’automobilista – nei momenti precedenti il tragico impatto – avrebbe invaso la corsia di marcia opposta a velocità sostenuta. Testimonianza considerata attendibile dalla Procura, e che andrebbe a confermare la versione fornita da un residente che già immediatamente dopo l’incidente aveva segnalato agli investigatori di aver notato l’auto del giovane casertano procedere invadendo la carreggiata opposta prima di impattare frontaliero con la moto di Narducci.

I dubbi sul ritrovamento dei caschi

Quello che tra le altre cose gli investigatori stanno cercando di capire è se i due centauri stessero indossando il casco. Infatti pur essendo stati ritrovati due caschi evidentemente appartenenti alle vittime, la loro distanza dal punto dell’impatto lascia pensare che i due o non li indossassero, o non li avessero allacciati regolarmente. Una questione da chiarire, ma che è comunque destinata a lasciare invariata la posizione di Feola.

La versione di Feola

Il ragazzo era già andato a chiarire la sua posizione il 26 giugno, rilasciando al pubblico ministero Pietro Pollidori – il titolare dell’indagine – una dichiarazione spontanea. Secondo la versione da lui fornita non sarebbe vero né che al momento dell’impatto si trovava in contromano né che stesse viaggiando a velocità sostenuta.

Ho visto un’ombra e poi un boato, non stavo correndo e non ho invaso la corsia”. Ma sopratutto il giovane ci tiene a far sapere come al momento dell’incidente non fosse sotto l’influenza dell’alcool. “Avevo bevuto solo un bicchiere di vino”. Così il giovane casertano cerca di difendersi da una pesane accusa che rischia di costargli parecchio.

Gli esami tossicologici

In effetti vista la gravità dell’incidente, e l’immediato trasporto in codice rosso al Policlinico Gemelli, i vigili urbani non avevano proceduto con l’alcool test nei confronti dell’unico sopravvissuto. Il giovane revisore si è quindi dovuto sottoporre agli esami tossicologici, i cui risultati – attesi nei prossimi giorni – potranno fare chiarezza su quali fossero e sue reali condizioni fisiche e mentali nel momento del tragico incidente.