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Morto Bernardo Provenzano all'età di 83 anni

bernardo provenzano

Si è spento il 13 luglio 2016 Bernardo Provenzano, all'età di 83 anni, dopo una lunga malattia, il cancro alla vescica. Latitante per 43 anni, era stato arrestato l'11 aprile 2006 in una masseria di Corleone, poco lontano dall'abitazione dei familiari. Era detenuto al carcere di Parma in regime 41...

Si è spento il 13 luglio 2016 Bernardo Provenzano, all’età di 83 anni, dopo una lunga malattia, il cancro alla vescica. Latitante per 43 anni, era stato arrestato l’11 aprile 2006 in una masseria di Corleone, poco lontano dall’abitazione dei familiari. Era detenuto al carcere di Parma in regime 41 bis.

Vita

Nato a Corleone, Provenzano iniziò da giovanissimo a esercitare azioni illegali. Lasciò la scuola alle elementari e si affiliò al boss mafioso Luciano Liggio di Cosa Nostra. Le loro attività comprendevano prevalentemente furto di bestiame e macellazione illegale dello stesso. Per questo Bernardo fu arrestato nel 1958. Nel 1963 fu denunciato per associazione a delinquere e per l’omicidio di Francesco Paolo Streva, un altro mafioso. Provenzano entrò allora in latitanza. Durante questo periodo effettuò operazioni di compravendita, tramite prestanome, di immobili. Dopo le stragi in cui furono uccisi Falcone, Borsellino e Morvillo, ordinate da Totò Riina nel 1992, diventò boss della Mafia. Iniziò quindi a limitare le azioni eclatanti per cercare di rendere Cosa Nostra invisibile agli occhi delle forze dell’ordine ma continuò a svolgere azioni illecite. Provenzano rimase in latitanza fino al 2006 grazie ad una particolare strategia, riferita dai suoi collaboratori pentiti. Di lui non esisteva nemmeno una foto recente, non usava telefoni per comunicare ma pizzini (biglietti di carta), inviati tramite uomini di fiducia. Proprio grazie alla scoperta di questo metodo antiquato la polizia riuscì a risalire a lui e ad arrestarlo l’11 aprile 2006 con un blitz nel casolare in cui si rifugiava. Provenzano non si oppose all’arresto e venne trasportato al carcere di Terni. Da qui venne spostato dopo un anno al penitenziario di Novara, e tenuto sotto regime 41 bis unito a 14 bis, una cella di isolamento senza radio e televisione, perché più volte aveva cercato di comunicare con l’esterno. Nel 2011 gli fu diagnosticato un cancro alla vescica. Lo stesso giorno fu trasferito al carcere di Parma dove tentò di suicidarsi con una busta di plastica sulla testa. Il tentativo fallì e al boss, evidentemente provato mentalmente e fisicamente, in seguito ad una brutta caduta avvenuta l’anno successivo, fu revocato il 41 bis. Sulla sua vita sono stati prodotti diversi programmi televisivi tra cui un film: “Il Fantasma di Corleone”

Bernardo Provenzano e Totò Riina

Riina salì ai vertici di Cosa Nostra nel 1969 dopo la strage punitiva di “viale Lazio” insieme a Liggio. Da quel momento entrò in latitanza ed iniziò a essere mandante ed esecutore di diversi omicidi. Si affiliò anche al boss della ‘Ndrangheta, Mico Tripodo. Nel 1974 dopo l’arresto di Liggio divenne il capo di Cosa Nostra. Irruento e sbrigativo, iniziò a ordinare una serie di omicidi fino ad arrivare all’assassinio dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Per questo crimine usò come suo braccio destro ed esecutore materiale, Bernardo Provenzano. L’unione dei due boss fomentava l’idea di forza di Cosa Nostra. Totò venne arrestato il 15 gennaio del 1993 a Palermo e condannato all’ergastolo.