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Morto dopo trapianto di cuore, Zangrillo: "Cuore sano, le accuse di Lorenzin imperdonabili"

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Alberto Zangrillo, primario all'ospedale San Raffaele, afferma che il cuore fornito per il trapianto dell'uomo poi deceduto era perfettamente sano.

Secondo il primario del San Raffaele il cuore era sano

Alberto Zangrillo, primario dell’ospedale San Raffaele di Milano, risponde al Ministro della Salute Beatrice Lorenzin sulla vicenda dell’uomo 62enne morto dopo un trapianto di cuore. Intervistato da Repubblica, Zangrillo afferma deciso: “Lo dico a titolo del tutto personale: trovo che le affermazioni del ministro, così come riportate dalla stampa, siano avventate e imperdonabili. Dimostrano totale ignoranza delle procedure e del problema”. Secondo lui, il cuore era assolutamente sano. Lorenzin aveva ipoteticamente definito la vicenda come un tragico, ma imperdonabile errore.

Il dottor Zangrillo, che è anche medico personale di Silvio Berlusconi, difende il reparto del San Raffaele che ha fornito il cuore alla persona poi deceduta. Si era detto che l’organo trapiantato non era sano.

Le complicanze sono sempre possibili

Nell’intervista, Alberto Zangrillo spiega che “le complicanze, in un trapianto di cuore, purtroppo sono possibili. La Primary graft dysfunction, una complicanza che determina il cattivo funzionamento di un cuore trapiantato, ha una prevalenza del 14 per cento dei casi dopo un trapianto eseguito correttamente. Nel 50 per cento di questi casi, questa complicanza può essere severa e, nel 90 per cento di questi ultimi casi, mortale”.

Fiducia nei trapianti

Tuttavia non bisogna perdere la fiducia sui trapianti, perché è “indispensabile continuare a lottare e credere quotidianamente che i trapianti di cuore, insieme con il Vad (un dispositivo che aiuta il ventricolo malato a battere, ndr), siano l’unica opzione terapeutica per i tanti malati di insufficienza cardiaca terminale”.

Risposta del direttore del Centro nazionale trapianti

Anche Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro nazionale trapianti, ha affermato che il cuore era sano: “È stata eseguita una valutazione attraverso un elettrocardiogramma e una ecocardiografia, che esamina l’organo a livello strutturale e funzionale, oltre a una coronarografia. I test sono risultati negativi. Per la nostra rete trapiantologica questo cuore rispettava i criteri di idoneità. Poi la valutazione passa al gruppo chirurgico che lo prende in carico, in questo caso il San Camillo”.

“L’équipe chirurgica – ha continuato Nanni Costa – è quella che va a prendere l’organo e ne verifica il funzionamento. Ho appena parlato con il chirurgo che ha operato, mi ha detto che era tutto a posto e la funzionalità cardiaca è stata verificata in vivo”.

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Difesa dei medici del San Camillo

I diretti interessati, ossia i medici dell’ospedale San Camillo di Roma, si difendono così: “Tutto quello che si è detto è falso, il cuore del donatore era perfetto”.

“Il paziente deceduto era un paziente critico, era un uomo di 61 anni, diabetico, più volte ricoverato per scompenso cardiaco grave. Le complicanze del trapianto, che purtroppo possono avvenire – hanno spiegato i medici – non sono dovute al cuore trapiantato”. Il direttore della cardiochirurgia del San Camillo, Francesco Musumeci, ha spiegato che “l’uomo potrebbe essere deceduto, infatti, a seguito di un rigetto iperacuto, di una riposta infiammatoria sistemica, di una infezione da endotossina batterica, di una sindrome legata ai farmaci per l’anestesia o a seguito di ipertensione polmonare strutturale”.