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Myanmar, ennesima frana in una miniera di giada: almeno 100 dispersi

La miniera di Hpakant dopo il disastro, ma prima non era molto dissimile

Myanmar, ennesima frana in una miniera di giada: almeno 100 dispersi, 25 feriti ed un morto accertato ma il bilancio è purtroppo destinato a salire molto

Ennesima tragedia annunciata in Myanmar ed ennesima frana una miniera di giada: ci sarebbero almeno 100 dispersi ed un morto ma il bilancio è destinato a salire, secondo un triste chiché ormai consolidato nell’ex Birmania per cui il sito estrattivo di Hpakant, nello stato di Kachin, si conferma luogo di stragi e  sfruttamento

Frana in una miniera di giada: la macelleria del sito di Hpakant colpisce ancora

La frana è avvenuta nella notte ed i soccorritori spiegano che “tra le 70 e le 100 persone sono disperse in una frana avvenuta alle 4.00 del mattino nel sito di Hpakant, nello stato di Kachin. Abbiamo finora mandato 25 feriti in ospedale e abbiamo trovato un morto”. 

Sono oltre 200 i soccorritori all’opera dopo la frana in una miniera di giada in Myanmar

I soccorritori sono oltre 200, date le dimensioni e la agghiacciante logistica delle operazioni di soccorso in siti come quello di Hpakant. Nello stato governato da una giunta militare ormai da quasi un anno le stragi nelle miniere di giada che all’improvviso si allagano e sono travolte da onde di frana giganti sono nell’ordine di una ogni uno o due anni ormai. C’erano già stati incidenti terribili nel 2016, nel 2018 e nel 2020. L’otto luglio di quell’anno il peggior disastro del suo genere  con 300 minatori sepolti, 178 morti accertati e decine di feriti storpiati a vita. 

Cosa c’è dietro l’ennesima frana in quella miniera di giada: la Cina che compra e un giunta militare che chiude un occhio

Il sito di Hpakant è strategicamente vicino al confine cinese, del paese cioè che più apprezza la giada estratta in condizioni spaventose, senza sicurezza, con mano d’opera spesso composta da bambini e su paesaggi deturpati a vita dall’industria mineraria, che non bada né all’equilibrio idrogeologico né all’ambiente. Nel 2016 ci fu una moratoria che chiuse molte miniere. Con quale risultato? Far tornare a lavorare nelle stesse minoranze etniche clandestine non più controllate. Poi arrivano i monsoni, piove per mesi, l’acqua erode pietrisco e sabbia mineraria e la gente muore a mazzi. Tutto questo in barba alla riforma avviata dal premio nobel Aung San Suu Kyi, che ha dovuto soccombere anch’essa all’inazione in virtù del golpe per cui era stata incarcerata, indagata per decine di reati-ombra e recentemente condannata.