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Nicola Porro contro gli Stati Uniti: 'Mia figlia costretta a mettere il pezzo sopra del bikini a sette anni'

Negli studi di Virus

Il giornalista Nicola Porro racconta che quest’estate, in un celeberrimo parco acquatico USA, sua figlia di neanche 7 anni abbia dovuto mettersi il reggiseno del bikini per pudore.

“Follia culturale dominante”

Conduttore

Il giornalista Nicola Porro, vice direttore vicario del quotidiano Il Giornale conduttore di Matrix ed ex conduttore di Virus, di ritorno da una vacanza negli Stati Uniti, ha raccontato uno spiacevole episodio, emblematico di questi tempi: sua figlia, che non ha ancora 7 anni, in quello che egli indica come “uno dei parchi acquatici più famosi degli Stati Uniti” – nel suo articolo cita Walt Disney – è stata costretta a mettere il reggiseno del bikini “perché, nonostante la giovane età, la sua nudità superiore avrebbe potuto turbare il pudore collettivo”. Ciò nonostante nello stesso luogo, fa presente il giornalista, ci fossero centinaia di donne musulmane “completamente fasciate da opprimenti burkini”: ma “la laica America non si permette di censurare” l’islam, tuona Porro.

Modelli culturali

“Soltanto chi ama l’America e quel grande spirito di libertà che i suoi padri fondatori ci hanno regalato – sottolinea Porro – si può davvero dolere della follia culturale dominante in cui si sta immergendo”. L’amaro sfogo del giornalista continua, deprecando l’ “arroganza” di chi censura le nostre tradizioni occidentali – quali il bikini per le bambine –, mentre è così “rispettoso” di tradizioni più lontane dalle nostre. Forse tale tradizione in particolare sarebbe stata più rispettata, se fosse stata una religione, magari con “qualche fanatico” che cerchi di imporla.

Porro se la prende quindi con quelle élite culturali che “sembrano imbambolate, incapaci di produrre un’idea che sia una, tutte impegnate, come sono, a fare dimenticare la propria storia e le proprie tradizioni. In un generale sforzo di annichilimento di ogni simbolo e tradizione che hanno reso la nostra cultura e la nostra società più libere”.

La bagarre su Cristoforo Colombo

Statua della discordia

In questi giorni ha fatto il giro del mondo la sconcertante notizia – e Porro la ricorda – della decapitazione della statua di Cristoforo Colombo all’ingresso del Central Park sulla 59esima strada a New York , nel cosiddetto Columbus Circle – lo stesso è stato fatto con una dedicata a Italo Balbo a Chicago -: proprio il navigatore genovese che scoprì l’America il 12 ottobre 1492, ma che, alcuni sottolineano, sterminò i popoli nativi dei Caraibi e i cosiddetti indiani d’America. Il sindaco newyorkese, Bill De Blasio – di chiara origine italiana – ha dato 90 giorni di tempo perché questo monumento e altri vengano rimossi dalla città come simboli di odio, divisione, razzismo e antisemitismo. Iniziative di questo genere contro la memoria storica di Colombo si sono estese a macchia d’olio, per esempio a Yonkers, sempre a New York, ma anche in altre città americane. Non solo: a Los Angeles è stata bandita la celebre festa nazionale del Columbus Day, che ogni secondo lunedì di ottobre dal 1937, ricorda la scoperta dell’America da parte dell’esploratore italiano: avrebbe dovuto esserci il 9 di ottobre. In sostituzione verrà celebrata la “Indigenous and Native People Day”, una festa in onore delle popolazioni indigene, aborigene e native americane “vittime del genocidio”. Un’ordinanza contro il Columbus Day è stata emessa anche ad Oberlin, comune dell’Ohio.