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Non solo lo stupro, ma anche l’indifferenza di chi vede e fa finta di niente violenta le donne

Stupro di gruppo

Ciò che fa più rabbrividire, sempre, in questi racconti è l’indifferenza che circonda, avvolge, copre come un mantello dell’invisibilità lo stupro, come se nulla stesse accadendo.

Al corso di autodifesa ci hanno detto che, in caso di molestia, è meglio gridare ‘al fuoco!’ che ‘aiuto, mi stanno violentando!’. Anzi, secondo me sapete cosa bisognerebbe fare? Urlare il nome di qualche personaggio famoso… che ne so, ‘Cristiano Ronaldo!’ e vedete come si girano tutti”.

A dirlo, tra il serio e il faceto, è stata un’amica durante una cena in cui abbiamo immaginato scene come questa: sei sull’autobus, un uomo dietro di te si slaccia i pantaloni, apre la patta, abbassa le mutande e inizia a masturbarsi proprio accanto o magari addosso a te. Tu sei impietrita, nessuno ti aiuta, allora urli: “Belen Rodriguez!” e tutti ti guardano – adesso – tutti ti prestano attenzione, mentre il molestatore, disorientato e improvvisamente sotto gli occhi di tutti, si ritira (ritira tutto ciò che ha esposto) e se ne va. E per una volta, magari, a scendere dal bus non sei tu. Certo, poi dovrai spiegare a tutti dov’è la Rodriguez, ma quella è un’altra storia.

Quello contro cui hanno messo in guardia la mia amica succede in continuazione, su mezzi di trasporto, strade, scuole, posti di lavoro, alle vostre amiche, sorelle, figlie. E non sempre sono posti deserti. È successo ad almeno sei ragazze a Milano, in Piazza Duomo, la notte di Capodanno, in un orrore che ha visto coinvolti anche tre molestatori minorenni. È successo a due giovani sul treno Milano-Varese. Nel 2016, a Colonia, a San Silvestro furono aggredite sessualmente decine di donne da piccoli gruppi che hanno approfittato della confusione generale in una serata di festeggiamenti.

Non basta limitarci a dire di non mettere le donne in una gabbia dorata e che bisogna educare i nostri uomini (figli, alunni, amici, colleghi che siano). Né dire che è inutile fare petizioni come quella per le statue a Padova o per una donna al Quirinale (una a caso, Una Donna come se il genere ci rendesse tutte uguali, indistinguibili le une dalle altre nei pregi e nei difetti, nelle competenze e nelle mancanze) se poi continuiamo a essere maltrattate, discriminate e sottopagate.

Ciò che fa più rabbrividire, sempre, in questi racconti è l’indifferenza che circonda, avvolge, copre come un mantello dell’invisibilità lo stupro, come se non stesse accadendo nulla, e invece sta accadendo tutto: sta accadendo la morte, dentro, di una piccola parte della persona violentata che non tornerà mai più quella che era prima. E che si sentirà, oltre che violata, anche abbandonata.

Si sentirà non abbastanza importante, di non valere neanche un aiuto, una chiamata di emergenza, uno sguardo alzato e preoccupato. Non valere neppure questo ferisce in modo indelebile più di una molestia, di un paio di jeans macchiati dallo sperma di uno sconosciuto sul bus, più della condanna che – nel migliore dei mondi possibili – finirà sulla fedina penale degli aggressori.