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Kabobo: l'omicida di Niguarda e la sua "nuova vita"

Kaboboo

Migliorano le condizioni psichiatriche del ragazzo ghanese che nel 2013 si rese responsabile dell'omicidio di tre persone a picconate.

Kabobo, il ghanese 36enne che nel 2013 aggredì diverse persone a colpi di piccone nella zona di Niguarda a Milano sta cimentandosi in carcere con il tentativo di avviarsi verso una “nuova vita”.

In carcere per triplice omicidio

In carcere perché responsabile dell’uccisione di tre persone – Ermanno Masini, Daniele Carella e Alessandro Carolè, oltre che del ferimento di Andrea Canfora e Francesco Niro – il giovane africano già da tempo avrebbe infatti iniziato a svolgere piccoli lavori all’interno dell’istituto carcerario in cui sconta la sua pena ventennale.
Kabobo ad oggi sta seguendo dei corsi di lingua italiana, è impegnato in un corso di studio elementare, e porta da mangiare ai detenuti in regime di 41bis, il duro regime detentivo riservato a coloro ritenuti colpevoli di fare parte della criminalità organizzata, ai condannati per terrorismo, eversione e altri tipi di reato grave.

La partecipazione al percorso di recupero

Queste attività, come spiegato dai suoi legali Benedetto Ciccarone e Francesca Colasuonno, sono parte del normale percorso di recupero previsto dalla struttura carceraria per il reintegro nella società dei detenuti, e Kabobo ha potuto cominciare a parteciparvi in seguito al lento ma costante miglioramento della condizione psichiatrica dovuto alle cure cui è sottoposto, e che continuerà a seguire in futuro.

Il processo di Kabobo

Kabobo, che era stato condannato in primo grado a 35 anni di reclusione, aveva visto ridurre la condanna a 32 anni in secondo grado perché i giudici avevano parzialmente accolto la tesi della difesa, che aveva cercato di dimostrare la parziale infermità mentale. Pena che per effetto del rito abbreviato viene ulteriormente ridotta a 20 anni di casa di reclusione più tre di casa di cura e custodia. Dovrà, oltre alla condanna per gli omicidi, scontare anche una condanna ad otto anni di reclusione per l’aggressione e il ferimento delle due persone che non è riuscito ad uccidere.

Accolta parzialmente la tesi della difesa

Nella relazione psichiatrica depositata dalla difesa Kabobo veniva infatti presentato come una persona con chiari disturbi mentali, anche allucinatori. Infatti nella relazione si sostiene che dopo aver assistito alla morte del fratello in Africa, e dopo essere sbarcato da clandestino a Lamepdusa il ragazzo ha cominciato a vivere stati allucinatori sempre più forti, che lo hanno portato a sentire delle “voci” nella testa che gli dicevano cosa fare. Voci che avrebbe sentito anche quella mattina dei primi di maggio, e che lo spinsero a prendere il piccone e aggirarsi per la strada in cerca di vittime. “Queste voci mi dicevano che la popolazione africana, la parte del nord, anche loro stavano uccidendo le persone a picconate, quindi mi sono sentito anche io di fare la stessa cosa”. Così il giovane cercò di spiegare ai periti che cosa lo avesse spinto quella mattina a uccidere brutalmente tre persone.