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OK, la vera storia di un'espressione usata da tutti

OK

Quante volte al giorno diciamo OK? E ancor di più quante volte lo avremmo detto nella nostra vita! Ma da dove deriva questa parola? Ecco la sua storia.

Il fenomeno linguistico

Le lingue sono fatte per influenzarsi a vicenda. Passato il periodo storico dei territori conquistati da popoli invasori, le lingue non tendono più a prevaricare l’una sull’altra, ma ad affiancarsi. Ciò in pratica vuol dire che si prendono liberamente in prestito parole dalle altre lingue. In tutto il mondo gli spaghetti si chiamano “spaghetti”, come in italiano. In tutto il mondo “croissant” vuol dire cornetto, così come accade in origine in Francia. Dall’inglese, soprattutto nella nuova era tecnologia, si traggono un sacco di parole riconosciute in tutto il mondo, ma forse la più usata è “OK”. Parola passepartout (eccone un’altra straniera!) che ora viene usata in diversi contesti: può significare semplicemente “tutto bene” oppure riservare una punta d’astio se messa a fine discorso, come a dire “fai come vuoi, ma non sono d’accordo”. Ma quali sono le origini di questa parola così piccola eppure così versatile?

Le origini di OK

Allan Metclaf ha scritto un libro sull’argomento, intitolato OK: The improbable story of America’s greatest word. L’autore del libro si è basato sulle ricerche di un professore della Columbia University: studi durati diversi anni che hanno scartato le ipotesi più gettonate, ma sbagliate. Opinione diffusa, infatti, è quella che fa risalire il termine a un’abitudine dei soldati della Guerra Civile. Per comunicare che non c’erano soldati rimasti uccisi, mettevano dei cartelli con su scritto “zero killed”, abbreviato in OK. Altri, invece, vedono OK come l’abbreviazione di “outer keel”, un marchio che contrassegnava panettieri e falegnami. Ma pare che nessuna delle due opzioni sia vera. La parola nasce nel 1893 per iniziativa dell’editore di un giornale, che la coniò apposta per un suo articolo.

Dall’articolo di giornale ai giorni nostri

Il 23 marzo del 1893 sul Boston Morning Post venne pubblicato un articolo sull’organizzazione “Anti-Bell Ringing Society”. Era un’organizzazione farlocca e l’articolo era un attacco satirico a una nuova legge del comune di Boston che proibiva di suonare i campanelli all’ora di cena. Nell’articolo la parola OK è l‘abbreviazione di “tutto giusto“. Le abbreviazioni si sono sempre usate, come ad esempio “isbd” che stava per “it shall be done”, ma poche di queste hanno persistito negli anni. Molte di queste, infatti, erano funzionali solo nel mondo giornalistico o in altri ambiti ristretti. OK, invece, sin da subito venne vista come spendibile anche nella vita quotidiana. Così è rimasta in uso fino ai giorni nostri, anche se con qualche modifica. Attualmente in America viene inteso come un “tutto bene” di circostanza, mentre in Italia gli viene data una sfumatura di maggiore ottimismo e positività, intendendo qualcosa che va alla grande. Resta il fatto che viene usata tutt’ora ed è entrata in tutti i vocabolari del mondo.

Ora che sapete da dove deriva e cosa significava in origine, la userete ancora solo secondo l’uso odierno? (Se hai altri dubbi sulle parole vedi anche “Come si dice cecato o ciecato“)