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La Corte d’Assise d’Appello di Torino ha confermato la sentenza di primo grado condannando a 30 anni di carcere Said Mechaquat, l’uomo che il 23 febbraio del 2019 uccide con una coltellata alla gola Stefano Leo.
Omicidio di Stefano Leo: le dinamiche della morte
Il caso risale a quasi tre anni fa, quando – il 23 febbraio 2019 – Said Mechaquat uccise il 34enne Stefano Leo con una coltellata alla gola. Stefano era un ragazzo di Torino che lavorava come commesso in un negozio di abbigliamento, e non aveva mai avuto alcun rapporto con il killer.
Said si era appostato in un vialetto del Lungo Po per aggredire Stefano: il giovane stava andando al lavoro, quando venne ucciso senza motivo con una coltellata alla gola. Un mese dopo l’assassino si costituì ai carabinieri dando questo assurdo movente: «Volevo farla pagare alla città di Torino. L’ho ucciso perché era giovane e felice».
Omicidio di Stefano Leo: la sentenza definitiva
Oggi – mercoledì 27 ottobre 2021 – è stata emessa la sentenza dalla corte d’Assise d’appello di Torino, la quale conferma il verdetto di primo grado e la condanna a 30 anni di reclusione.
L’imputato aveva chiesto l’esecuzione di una nuova perizia psichiatrica al fine di vedersi riconosciuto almeno un parziale vizio di mente, ma i giudici non hanno ravvisato la necessità di procedere a una nuovo esame in questo senso.
Omicidio di Stefano Leo: la ricostruzione della Procura generale
Giancarlo Avenati Bassi, procuratore generale, ha definito il gesto del killer Said Mechaquat come un atto di «terrorismo privato», e l’omicidio di Stefano sarebbe in parte figlio di un prolungato stalking alla ex fidanzata che lo aveva lasciato. Con quell’assassinio – secondo l’accusa – voleva terrorizzarla.
Uscendo dall’aula si è lasciata ad un commento anche la madre di Stefano, che ha finalmente visto giustizia per il figlio che le è stato strappato: «È la risposta alla domanda di giustizia che avevamo avanzato. Resta l’immenso dolore».