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Omicidio Sana Cheema, indagate la zia e la madre

Sana

Dopo la smentita della confessione del padre, anche la mamma e la zia di Sana sono indagate per la morte della 25enne, avvenuta per strangolamento.

Ancora poca chiarezza sul caso di Sana Cheema, ragazza italo-pakistana morta per strangolamento il 18 aprile nel suo Paese d’origine prima di poter fare rientro in Italia. Dopo la presunta confessione del padre Mustafa Ghulam Cheema, da lui stesso smentita, anche la madre e la zia della 25enne sarebbero ora tra gli indagati.

Sana Cheema, la morte

Sana Cheema era stata ritrovata morta in Pakistan, suo Paese d’origine, il 28 aprile 2018, prima di tornare in Italia, a Brescia, dove viveva. Inizialmente le autorità pakistane avevano dichiarato che la morte della ragazza era avvenuta per cause naturali, versione però crollata poche settimane dopo quando l’autopsia del Laboratorio forense del Punjab aveva messo in evidenza come le ossa del collo di Sana fossero state spezzate, dando credito all’ipotesi dello strangolamento.

La ragazza di 25 anni, che aveva da poco ottenuto la cittadinanza italiana, viveva da anni a Brescia, dove si era ambientata bene proseguendo negli studi e iniziando una relazione con un ragazzo, anche lui di origini pakistane.

Proprio questo rapporto avrebbe causato il malcontento della famiglia, che aveva già in programma per Sana un matrimonio combinato. Di fronte al rifiuto di sposare l’uomo scelto dai genitori, la ragazza sarebbe quindi stata strangolata, versione sposata anche dalle autorità pakistane che avevano disposto l’arresto per il padre, il fratello e lo zio della vittima.

Confessione e smentita del padre

Dopo aver convinto la figlia a recarsi in Pakistan, e tentato invano di convincerla a seguire i piani familiari, il padre Mustafa Ghulam si sarebbe fatto aiutare da uno dei figli maschi a strangolare Sana, proprio prima che lei potesse fare rientro in Italia. Questa era stata la versione rilasciata dai media pakistani, secondo cui il padre, in carcere, avrebbe confessato l’omicidio.

Tuttavia, soltanto poche ore dopo, lo stesso Mustafa raggiunto da “La Repubblica” avrebbe negato tale confessione, dando anzi una spiegazione al risultato dell’autopsia: “Non è vero che abbiamo confessato. Se il referto dei medici legali dice che Sana aveva l’osso del collo rotto è perché deve aver battuto la testa contro il bordo del letto o il divano”. Aveva infine aggiunto: “Se le cose sono andate così è per il volere di Allah“.

A quasi un mese dall’omicidio, si aggiungono dunque anche la zia e la madre alla lista degli indagati. Tutti rischiano l’ergastolo, o addirittura la pena di morte.

Il presidente dell’associazione culturale Pak Brescia Jabran Fazal ha dichiarato che “chi ha ucciso deve pagare, chi ha sbagliato deve essere perseguito”, annunciando che molto presto verrà organizzata una manifestazione per ricordare Sana.