> > Ondata Covid dalla Cina, quando l’Rt è la democrazia repressa

Ondata Covid dalla Cina, quando l’Rt è la democrazia repressa

La "nuova fase" della Cina sulle proteste per il regole anti Covid

In due anni e passa di pandemia forse abbiamo dimenticato la più elementare delle verità, non è peccato ammetterlo perché a pensarci bene avevamo ben altri problemi su cui concentrarci: i virus sono parassiti e seguono le sorti degli organismi che attaccano.

In due anni e passa di pandemia forse abbiamo dimenticato la più elementare delle verità, non è peccato ammetterlo perché a pensarci bene avevamo ben altri problemi su cui concentrarci: i virus sono parassiti e seguono le sorti degli organismi che attaccano. E quando gli organismi che parassitano sono organizzati in sistemi di massima complessità come quelli umani allora i virus smettono di essere solo roba da biologia e diventano tassello di geopolitica.

La prova provata sta in Cina, in quella stessa Cina che sta “diffondendo” nel mondo una paura che avremmo dovuto prevedere ed in un certo senso esorcizzare. I dati sono ancora incompleti ma pare ci sia un’impalcatura da cui partire, magari timidamente ma senza pastoie: la variante Covid che sta rimettendo sotto scacco il Dragone era già presente in Europa, in Europa ed in Italia. Per il momento nulla di nuovo perciò sembra peppiare nel calderone delle sotto-varianti con nuove ed infide skill

Quel cortocircuito sociale che ha rimesso la paura in gioco

Ma il dato è un altro. Semplicemente è successo che un cortocircuito sociale è diventato autobus per la diffusione del virus e che si è determinato uno di quei paradossi che rendono la storia umana magnifica e terribile, in un gioco di contrappesi per cui ciò che dà senso all’etica lo toglie alla preservazione biologica. È stato quello per cui nel momento esatto in cui i cinesi hanno finito di accettare le regole e si sono arrogati il diritto di chiederne di loro in faccia ai poliziotti più mannari di sempre quegli stessi cinesi hanno “condannato” il resto del mondo a rialzare le antenne sul pericolo covid.

Il metodo con cui Pechino aveva contenuto il virus lo puoi applicare solo se vivi in un sistema complesso a basso coefficiente di libertà o su tempi limitatissimi: in un paese normale chiudere una città di decine di milioni di abitanti per poche decine di casi non sarebbe possibile. E perfino per l’arcigna Cina è stato possibile fino a quando il governo e chi lo tiene a briglia non si sono resi conto di un dato. Xi Jinping è stato riletto segretario per un quinquennio e nessuno capo di stato ammalato di cesarismo vuole tenersi in casa i germi del dissenso che gli guastino l’esercizio del potere, meglio i germi che guastano i polloni, a questo punto.

Il Covid, la Cina e “l’Rt” della democrazia

Ma qual è il dato? E quello per cui la società che prima lui sapeva di poter dominare massivamente oggi ha frange di autodeterminazione e rabbia che solo 20 anni fa non avremmo potuto neanche sceneggiare in uno sci-fi , non nel paese che spara dietro alla nuca dei suoi dissidenti e mette gli uiguri nei campi di concentramento. E’ un po’ come se nella lettura scientifica della pandemia fosse subentrato un nuovo di tipo di indice di trasmissibilità, un “Rt” spurio: la democrazia e le lotte per realizzarla che in quanto vettore delle circolazione delle genti sono anche vettore della circolazione dei virus.

E allora è successo che dove la politica “zero covid” metteva il mondo al sicuro da nuove propagazioni planetarie ma teneva le nostre tastiere social a temperatura rovente perché c’era un popolo-pecora da condannare per come subiva ogni sopruso così oggi la fine della politica “zero covid” ha sostanziato che quel popolo tanto ovino non è ma ha anche rimesso in giro per il mondo massicce dosi di quegli animaletti infidi che ci hanno terrorizzati, fatti ammalare ed ammazzati per due anni.

Perché la libertà è fatta così: se la invochi soltanto da dietro un account costa poco, ma se la ottieni a volte si paga cara, e in piena globalizzazione l’eco del prezzo arriva a tutti. Anche a quelli che della democrazia sono più bravi a parlare che a viverla.