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Oscar, la gioia di Alice Rohrwacher: "A L.A. con le mie bambine cattive"

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Roma, 25 gen. (Adnkronos) - (Adnkronos/Cinematografo.it) - “Fino all’ultimo non me lo aspettavo, ma ci speravo: è una selezione mondiale e già entrare nella quindicina era stata una sorpresa incredibile.” É raggiante Alice Rohrwacher quando incontra la stampa s...

Roma, 25 gen. (Adnkronos) – (Adnkronos/Cinematografo.it) – “Fino all’ultimo non me lo aspettavo, ma ci speravo: è una selezione mondiale e già entrare nella quindicina era stata una sorpresa incredibile.” É raggiante Alice Rohrwacher quando incontra la stampa subito dopo la candidatura agli Oscar 2023 nella cinquina per il miglior corto live-action con Le pupille, il film prodotto tempesta ed Esperanto Filmoj per Disney, disponibile su Disney+. La nomination riguarda anche ai produttori: Carlo Cresto-Dina, Alfonso Cuarón e Gabriela Rodriguez.

Ad anticiparla è proprio il produttore italiano che spiega la genesi del film: “L’idea di Alfonso Cuarón era realizzare una serie di corti sulle festività con registi di tutto il mondo. La prima ad essere chiamata è stata Alice che in due giorni ha presentato un’idea. In due settimane ha scritto la sceneggiatura, così abbiamo realizzato il film subito, nel dicembre 2021. É stato un set grosso nelle dimensioni ma contenuto nel tempo; abbiamo girato a Bologna in un istituto originariamente per ragazze sordomute”.

Nulla trapela, però, di un’eventuale altro tour promozionale: “Disney ci sta aiutando tantissimo coinvolgendo tutte le agenzie, a Dicembre abbiamo fatto un viaggio tra New York, Los Angeles e San Francisco. Non so se faremo in tempo a farne un altro giro promozionale perché Alice in questi giorni è in post produzione per il suo ultimo lungometraggio. In più, scaramanticamente abbiamo deciso di non programmare niente.”

La stessa regista conferma la nascita-lampo del film: "Quando è arrivata la proposta, subito ho pensato a questa lettera che mi aveva fatto leggere Goffredo Fofi, scritta da Elsa Morante. In realtà era una storia che risuonava da sempre nella mia testa, ma non avevo mai pensato di trasformarla in un film. Così ho chiesto immediatamente a Goffredo e agli eredi di Morante se potevo trasferirla in un collegio femminile, anche se ho fatto dei cambiamenti: tutto l’antefatto del film è stato inventato. Sentivo, infatti, la necessità di lavorare con le bambine, perché non so se mi sento una bambina cattiva, ma sapere che Le pupille che tutti abbiamo nei nostri occhi vengono da una bambina, mi dà molta fiducia”.

Per cui, il corto “da una parte è un mini-kolossal, come dice la mia costumista: un film corto ma a cui abbiamo lavorato con la stessa cura, lo stesso amore, la stessa gioia di un lungo; dall’altra é una storia di Natale che si rivela una piccola parabola, perché forse non c’è momento migliore di questo nel mondo in cui le bambine -che vengono chiamate cattive ma cattive non sono- devono avere voce”.

Tra i segreti del successo la regista, poi, in primis riconosce “il fatto che sia stato prodotto da Cuarón e supportato da Disney. Ha giovato molto in termini di visibilità, soprattutto in America”. Ma anche ”il fatto che il Natale per gli americani è molto legato alla figura di Babbo Natale, ma in passato da noi era riferito al tema della natività, a prescindere dal credere o non credere in Dio. Per cui, per un pubblico straniero questo corto può evocare una lingua arcaica di cui forse possono sentire anche nostalgia. Questo film è un grande, straziante manifesto d’amore per l’Italia che anche la nostra scrittrice, Elsa Morante, amava molto. L’Italia è un paese che nonostante tutto amo, raccontato anche nei piccoli dettagli, dai costumi alla scenografia. Perché Le pupille è una storia collettiva. E in questo suo farsi collettivo trovo una bellezza anche dell’Italia e di riflesso del cinema italiano che, soprattutto in passato, era un cinema di storie collettive”.

E a chi gli chiede se porterà con sé le bambine alla cerimonia di premiazione, come successe all’anteprima di Cannes -“una delle proiezioni più indimenticabili della mia vita”- risponde: “Non abbiamo ancora programmato niente, ma la loro presenza sarebbe straordinaria perché renderebbero un luogo di tensione come la serata degli Oscar, una grande gita di classe”.

Non è passato inosservato che nella cinquina del miglior regista di lungometraggi quest’anno manchino le donne, ma Rohrwacher invita a “riflettere non tanto sui registi, ma sui film che sono stati fatti, su chi vota, sul sostegno che hanno: è difficile dire come sarebbe potuta andare diversamente. Però è una domanda che sarebbe bello fare agli uomini perché la fanno sempre alle donne, invece sarebbe interessante sentire il loro punto di vista”.

Questo corto, intanto, rafforza il sodalizio con la sorella: “Con Alba ho già lavorato, prima, però, aveva impersonato sempre dei personaggi ‘salvi”: la madre ne Le meraviglie, Antonia in Lazzaro felice. Per questo avevo il desiderio di lavorare con lei, in modo completamente diverso. Quando ho letto la lettera ho subito pensato che il severissimo abate potesse essere Alba. Ci siamo divertite molto nel girarlo e penso che nel film si senta perché Alba ha lavorato con gran dovizia di particolari, ma anche con una certa ironia. Sulla nomination non l’ho ancora sentita perché sta girando, è sul set, sto aspettando che finisca, ma sono sicura che sarà felice.”

La dedica della candidatura, così, è presto detta: “A tutte le bambine che stanno lottando nel mondo, che possano rompere questa torta e far sì che possa essere condivisa”.

Rispetto al nuovo film, dai più dato in concorso proprio a Cannes 2023, però, preferisce non sbilanciarsi: “La chimera non so ancora dove si vedrà, sono al montaggio proprio in questi giorni. Posso dire che é un grande viaggio, un film che mi coinvolge molto. Non ci sono bambine cattive, ma una banda di uomini un po’ discoli.”

Prima di andare via, c’è spazio per un appello: “Penso che per i prodotti che vengono realizzati, il cinema italiano sia in ottima forma, ma per quanto riguarda il pubblico c’è grande desolazione. Anche dopo la pandemia non si è recuperata la dimensione della sala come luogo di svago, di incontro, che permette di aprire una finestra sull’altro, e questo è il più grande dispiacere. Gli autori penso ce la stiano mettendo tutta, ora serve un riscontro col pubblico.”