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Paolo Borsellino: 33 anni di memoria e impegno contro la mafia

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Un tributo a Paolo Borsellino, un uomo il cui sacrificio continua a ispirare la lotta per la giustizia e la legalità in Italia.

Il 19 luglio 1992 è una data che ha segnato un prima e un dopo nella storia del nostro paese. In via Mariano d’Amelio, un’autobomba ha spezzato la vita del magistrato Paolo Borsellino e di cinque agenti della polizia di Stato. Ma diciamoci la verità: non possiamo ridurre questo triste anniversario a un mero esercizio di commemorazione annuale.

A 33 anni da quel tragico evento, la memoria di Borsellino e delle sue vittime deve spingerci a riflettere su ciò che rappresentano e sull’importanza di continuare la loro battaglia. È un dovere civile.

Un minuto di silenzio e una lezione di coraggio

Quasi un migliaio di persone si sono radunate in via D’Amelio per rendere omaggio alle vittime della strage. Tra loro, il fratello di Borsellino, Salvatore, e i ragazzi delle agende rosse, simbolo di una lotta che non può fermarsi. Un minuto di silenzio, seguito dall’inno nazionale, ha dato il via a una giornata di riflessione e ricordo. Ma dietro a questo rituale, c’è qualcosa di più profondo: la consapevolezza che la mafia è ancora un cancro da estirpare. Non possiamo permettere che la sua presenza diventi parte della normalità.

La strage di via D’Amelio non è stata un caso isolato, ma un capitolo di una guerra dichiarata contro lo Stato. Le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, risuonano come un monito: “La democrazia è stata più forte. Gli assassini e i loro mandanti sono stati sconfitti e condannati.” Ma cosa significa realmente questa sconfitta? È una vittoria solo apparente, se consideriamo che la mafia continua a esistere e a prosperare in molte aree del nostro paese. Quante volte ci siamo chiesti se stiamo davvero facendo abbastanza?

La realtà è meno politically correct

La celebrazione del coraggio di Paolo Borsellino deve andare oltre le parole. La sua determinazione, nonostante il clima di terrore, è un esempio di come si possa combattere per la giustizia. Tuttavia, è opportuno chiedersi: quanto è davvero cambiato il contesto in cui operano oggi i magistrati? Le statistiche parlano chiaro: il fenomeno mafioso non è diminuito, anzi, si è diversificato e adattato. L’indifferenza e il silenzio della società civile sono complicità silenziosa che permette alla mafia di continuare a esistere. Non possiamo rimanere inermi di fronte a questa realtà.

La premier Giorgia Meloni ha sottolineato l’importanza di portare avanti il ricordo di Borsellino ogni giorno, ma questa affermazione deve tradursi in fatti concreti. Non basta commemorare, occorre agire, denunciare e combattere attivamente contro ogni forma di illegalità. Il sacrificio di Borsellino e dei suoi uomini non può essere ridotto a una celebrazione annuale; deve diventare un impegno quotidiano. È ora di passare dalle parole ai fatti.

Conclusioni che disturbano, ma che fanno riflettere

Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha evidenziato come via D’Amelio rappresenti una ferita aperta. Questa ferita, però, deve servire da stimolo per una riflessione più ampia: cosa stiamo facendo concretamente per onorare la memoria di chi ha dato la vita per la giustizia? La memoria non deve essere un gesto rituale, ma deve tradursi in un impegno costante per una Nazione più giusta e libera. Ricordare non basta; dobbiamo agire.

In questo contesto, il ricordo di Paolo Borsellino diventa un faro. Un faro che illumina la strada da seguire, non solo per i magistrati e le forze dell’ordine, ma per ogni cittadino che desidera vivere in un paese libero dalla mafia. Non possiamo permettere che il suo sacrificio venga dimenticato o banalizzato. La lotta alla mafia è una battaglia che richiede coraggio, coerenza e responsabilità da parte di tutti noi. Se non ora, quando?