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Parco Nebrodi, inchiesta archiviata su agguato ad Antoci

Inchiesta parco Nebrodi

Erano indagate 14 persone. Antoci aveva fatto approvare un protocollo di legalità per evitare la concessione di pascoli alla mafia.

Eugenio Fiorentino, gip di Messina, ha archiviato l’inchiesta sull’agguato a Giuseppe Antoci, presidente del Parco dei Nebrodi. L’attacco risale al maggio 2016. Nell’inchiesta risultavano indagate 14 persone.

Nebrodi, agguato ad Antoci

Stava tornando a Santo Stefano Camastra, dopo aver partecipato a una manifestazione a Cesarò, poco dopo le 2 di notte. La sua auto stava percorrendo una strada ricca di tornanti, perfetta per tendere un agguato. Il commando ha posizionato lungo la carreggiata una serie di grosse pietre per bloccare il convoglio nel punto prestabilito, poi ha aperto il fuoco. Gli spari hanno colpito prima i copertoni delle ruote e poi l’abitacolo del veicolo. La carrozzeria blindata dell’auto ha bloccato i proiettili e nessuno, né Antoci né gli uomini della scorta, è rimasto ferito.

Alcuni agenti di polizia del commissariato di Sant’Agata di Militello, guidati dal dirigente Daniele Manganaro, hanno risposto al fuoco e messo in fuga i sicari, mentre Antoci veniva portato in salvo. Vicino al veicolo sono state ritrovate anche tre molotov inesplose.

Giuseppe Antoci

Antoci: “So chi sono”

“È stato un agguato. Siamo stati crivellati di pallottole”, ha commentato Antoci. Il presidente ha dichiarato di conoscere i mandanti: “Sono i mafiosi dei Nebrodi, ma anche la ‘ndrangheta, perché il protocollo che abbiamo messo in atto qui in Sicilia sarà applicato anche in Calabria. Il Consiglio regionale si è già determinato sulla sua approvazione. So chi mi vuole morto”. Antoci aveva fatto approvare alcuni protocolli di legalità per evitare la concessione di ampie zone di pascolo dei Nebrodi alla criminalità organizzata.

Qualche anno prima, Antoci e Rosario Crocetta, l’allora presidente della Regione Sicilia, avevano ricevuto minacce di morte. “Morirete scannati”, si leggeva in una lettera inviata da “una mafia selvaggia e feroce, pronta a sparare”.