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Pechino: esplosione in ambasciata USA, ferito attentatore

Pechino

Un uomo fa esplodere un ordigno davanti all'ambasciata USA di Pechino per attirare l'attenzione dei media sul problema dei diritti umani in Cina.

Un uomo, pare per attirare l’attenzione dei media sul problema dei diritti umani in Cina, ha esploso un ordigno davanti all’ambasciata americana a Pechino. Ad essere rimasto ferito solo l’attentatore. Poche ore prima una donna si era cosparsa di benzina, fermata dalle forze dell’ordine poco prima che si desse fuoco. Il regime cinese sembra che abbia rimosso in breve tempo dal social network Weibo tutti i post, le foto ed i video che testimoniavano dell’incidente.

Ordigno esplode davanti ambasciata USA

Attorno alle ore 13:00 di giovedì 26 luglio (ora locale) c’è stata una esplosione davanti all’ambasciata statunitense a Pechino (Cina), nel distretto Chaoyang. Oltre al boato, udito a diversi isolati di distanza, a spaventare i molti cittadini cinesi che ogni giorno si mettono in coda per chiedere il visto per gli Stati Uniti è stata la nuvola di fumo che ha avvolto in breve tempo Tianze Road, la strada in cui si trova la sede diplomatica americana. Chiuse per circa un’ora le due ambasciate di India e Israele che si trovano a poca distanza da quella americana. Alla Republic TV l’ambasciatore indiano Gautam Bambawle ha confermato, infatti, di aver udito l’esplosione, anche se descritta come di bassa intensità.

Stando alle prime ricostruzioni, l’ordigno sarebbe stato fatto esplodere da un uomo che stava cercando di richiamare l’attenzione del governo e dei media sul problema dei diritti umani in Cina, come riferisce il New York Times. Il Global Times, tabloid cinese statale in quanto prodotto dal quotidiano ufficiale del Partito Comunista Cinese, riferisce che l’attentatore è rimasto ferito dalla sua stessa arma. A riferirlo un portavoce dell’ambasciata USA, che precisa non ci sono stati altri danni a persone o cose. Al momento, non si conoscono le condizioni di salute dell’uomo.

La giornata, però, era iniziata con un altro allarme. Verso le ore 11:00, sempre davanti all’ambasciata americana, una donna è stata bloccata e portata via dalla polizia cinese dopo che si era cosparsa di benzina, con l’intenzione di darsi fuoco. Non è chiaro se i due fatti siano collegati tra loro. I due gesti, comunque, sembrano essere soprattutto dimostrativi. Difficile infatti superare le imponenti misure di sicurezza istituite nell’ambasciata degli Stati Uniti, sede inaugurata nel 2008 con la presenza dell’allora presidente George W. Bush.

Il problema dei diritti umani

Diversi cittadini hanno pubblicato e condiviso sui social network le immagini o i video negli attimi subito dopo l’esplosione, dove si vede del fumo bianco elevarsi in cielo nei pressi dell’area dopo sorge la sede diplomatica statunitense. La CNN riferisce però che in breve tempo il regime cinese ha rimosso dal social media Weibo, un sito di microblogging tra Twitter e Facebook, la maggior parte dei post che parlavano dell’esplosione, chiudendo anche un gran numero di account personali.

Nonostante il mondo non veda Xi Jinping alla stregua di Kim Jong-un, la “Cina è un regime dittatoriale” come denuncia anche Wu Gan, blogger e attivista cinese per la difesa dei diritti umani condannato a 8 anni di carcere per “sovversione ai danni dello Stato”. Il blogger si dice però “onorato” di essere accusato di tale crimine perché “è la testimonianza che questo cittadino non è un complice della dittatura, non ha voluto essere uno schiavo e ha, invece, voluto intraprendere la lotta per la difesa dei suoi diritti”.