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Aminata Fall (Pecuniami): "Il miglior investimento che potete fare è quello su voi stessi"

aminata fall

Aminata Fall, meglio conosciuta sui social come Pecuniami, bancaria ed esperta di educazione finanziaria, spiega a Notizie.it quali sono i migliori consigli per risparmi e investimenti nel 2022.

Dicembre è il mese in cui si sperperano più soldi, un po’ per i regali di Natale, un po’ per la tredicesima (per chi ce l’ha) o semplicemente per coccolarsi e farsi dei piccoli regali per celebrare la fine dell’anno. Ma poi arriva gennaio che è invece il mese del risparmio in cui si capisce che bisogna organizzarsi per l’anno nuovo. Di questo e molto altro parliamo con l’ospite di Mirror di oggi, Aminata Fall, meglio conosciuta sui social come Pecuniami.

Trovo bellissimo il tuo nickname su Instagram. Ci vuoi spiegare come è nato e cosa significa?

È stato un po’ un colpo di genio. Stavo cercando un nome da usare sui social e… sai quelle illuminazioni? Mi serviva un nome che parlasse di soldi ma che non fosse uno dei soliti, noiosi, triti e ritriti. L’illuminazione è stata la crasi tra “pecunia” e il mio nome abbreviato, Ami, che suona anche un po’ come “coprimi di soldi”.

Tu parli di soldi in modo molto semplice, molto lontano da quello che tu chiami “bancalese”. Perché in effetti di soldi si parla sempre molto poco e male: sembra sempre un argomento troppo noioso, tecnico, complicato, quindi diventa un argomento respingente. Perchè di economia si deve sempre parlare in modo difficile?

Secondo me è un retaggio dei tempi passati, come in altre professioni, quando c’era la necessità di far apparire quel lavoro ancora più importante e inavvicinabile, una vera e propria casta. Lo stesso vale per il medico, il notaio… Si creavano delle nicchie in cui potevi entrare solo se eri un eletto e qual è la prima cosa che fa da discriminante? Il linguaggio. In realtà però nel sistema bancario la crisi del 2009 ha trasformato anche il modo di entrare in banca. Prima il cliente entrava in banca e trovava dal cassiere in poi persone che facevano consulenze. Adesso invece, soprattutto col Covid, è diventato sempre più difficile l’accesso a questo mondo. Non essendo una materia che si impara a scuola, salvo chi la studia a ragioneria o all’università, le persone si sono trovate senza una guida. L’uso di banche online ha reso difficile creare dei rapporti e tutti si trovano davanti a un argomento senza capire, senza avere neanche le basi. Questo “analfabetismo” ha creato danni enormi, lo vedo ogni giorno nel mio lavoro di bancaria. Ho iniziato questo percorso sui social proprio per “mettere una pezza” a questo problema, questo distacco che si è creato tra le persone e il mondo finanziario.

In effetti non ho specificato che tu, nella “vita reale”, lavori in banca ma ci sei arrivata con un percorso molto particolare, tutt’altro che lineare. Ti va di raccontarcelo?

Cominciamo col dire che ho sempre odiato la matematica, quindi sembra un po’ un contrappasso dantesco (ride, ndr). Ho fatto il liceo classico e volevo fare tutt’altro nella vita, tant’è vero che poi ho studiato Giurisprudenza. Un giorno un mio compagno di università mi ha detto di aver fatto la stagione estiva in banca e che aveva guadagnato un sacco di soldi, perché effettivamente nei primi anni Duemila era così. Era un bello stipendio. Prima dell’avvento dell’euro gli sportelli delle località turistiche avevano i cambi, così sono andata a fare la sportellista per sei mesi. Io già facevo vari tipi di lavoretti per mantenermi gli studi quindi mi sono detta: proviamo. Così sono entrata in banca, pensando di finire dopo una stagione invece mi hanno sempre rinnovato il contratto e così è cominciata la mia carriera di bancaria.

Insomma da un lavoretto estivo è cambiata la tua vita.

Sì, anche perché ho fatto la carriera vecchio stile, in cui cresci all’interno della struttura, mentre invece oggi molto spesso uno si laurea e viene inserito già nell’ufficio di competenza nel quale dovrebbe passare la vita. La vecchia carriera era invece: parti dalla cassa e poi fai quello che io chiamo “il servizio militare”, cioè tutti i passaggi della crescita.

Adesso qual è il tuo ruolo?

Ora mi occupo di credito deteriorato, ovvero di chi si trova in difficoltà, e ristrutturazione del credito per grosse aziende. Quindi ripeto: si può fare anche per chi all’inizio rifugge la matematica. La cosa che fa ridere è che in realtà se mi metti davanti solo numeri ho un attimo di terrore, invece se mi fai vedere un bilancio non c’è nessun problema.

Quindi ti sei appassionata, col tempo, a quello di cui ti occupi? O già prima avevi una passione per l’economia?

Per niente, ma poi quando sei davanti al cliente non puoi permetterti di non sapere, o comunque di saperne meno di lui, e di non saper rispondere alle sue domande. Io ho sempre tenuto a dare un servizio che fosse degno di questo nome e a essere preparata. Quindi ho studiato veramente tanto fuori dall’orario di lavoro, per un interesse personale a fare bene quello che mi veniva chiesto. Non è stata una passeggiata.

Immagino, anche perché hai fatto tutto da autodidatta. Tra l’altro oggi il mondo dell’economia è “in mano” agli uomini bianchi. Tu sei una ragazza mezza italiana e mezza senegalese. Hai mai avuto difficoltà – online e offline -, subito discriminazioni o anche solo stata guardata dall’alto in basso per essere una donna nera che si occupa di economia e finanza?

Io ho una caratteristica: quando sono concentrata sui miei obiettivi, non mi interessa quello che ho intorno, vado per la mia strada e tiro dritto. Sono cresciuta anche in un’epoca diversa, in cui c’era una sensibilità diversa. Spesso ero l’unica donna nera della stanza ma non mi sono mai posta tanto il problema. Devo dire che nella filiale bresciana dove ho lavorato per anni ha sempre contato di più il lavoro e la preparazione. Guardando alla mia carriera, non posso dire di aver subito discriminazioni.

Non è affatto scontato.

Però devo dire che, riguardando indietro, magari le battute che mi sono state fatte negli anni quando ero più giovane le prendevo appunto come battute. All’epoca non mi sarei mai sognata di dire che quella era non una battuta ma una discriminazione, una microaggressione, perché ero cresciuta in quella cultura. Non me ne accorgevo perché per me era terribilmente normale. Le nuove generazioni hanno una sensibilità diversa. Io stessa ora risponderei a tono e non farei passare certe battute. Fortunatamente oggi ci sono anche più ragazzi di altre etnie, io ero sempre l’unica della stanza.

Credo cambi anche molto geograficamente, tra grandi città e piccoli paesi. Ci sono realtà in cui è ancora molto raro vedere etnie diverse da quella bianca.

Io ora ho 43 anni vivo in un contesto in cui non si fa la battuta razzista, o comunque è più raro che succeda. I ragazzi invece, soprattutto le seconde generazioni, se gli viene chiesto il permesso di soggiorno o i documenti quando sono nati e cresciuti in Italia, sono più in difficoltà perché non si sentono riconosciuti come cittadini e questo fa molto male. Ora paradossalmente la presenza di etnie diverse è una normalità che però non viene riconosciuta e questo per i giovani è molto difficile da accettare.

Parliamo della scuola. Perché non si insegna un po’ di economia e finanza in classe? Non trovi che sarebbe utile arrivare all’età adulta sapendo cose come come si pagano le tasse, cosa devo fare quando si va in banca, come funziona il fisco…?

Assolutamente sì.

Se fossi una professoressa, cosa insegneresti ai tuoi studenti?

È molto difficile rispondere, perché a scuola si fa sempre molta teoria e poca pratica. Quindi mi immagino che se dovessero introdurre un programma di educazione finanziaria penso si partirebbe dalle calende greche, con la nascita dei soldi come alternativa al baratto… non si farebbe mai neanche in tempo ad arrivare alla pratica.

Tutto molto interessante, ma non si pagano le tasse con la storia dei soldi.

C’è da auspicare un approccio un po’ più pratico a certe materie, come l’educazione civica. Il problema è che nessuno ti spiega gli effetti di quello che studi nella teoria, cioè nella realtà questa cosa che ti spiego che ripercussioni ha nella tua vita di tutti i giorni. Spero, se mai decidessero di parlare di soldi anche a scuola, che lo facciano in modo pratico, perché poi è questo che la gente vuole sentire e di cui ha bisogno.

Infatti noi cercheremo di dare dei consigli che siano il più utili e pratici possibili. Iniziamo con un consiglio per chi – soprattutto un giovane – entra in banca la prima volta ed è spaventato, non sa cosa lo aspetta.

Beh innanzitutto entrare in banca! Già questo è un primo passo e non è così scontato con l’apertura di banche online si è aperto un mondo. Il problema è che gli unici depositi che di fatto ti garantiscono la sicurezza dei tuoi soldi e dei tuoi depositi sono quelli che faccio in banca. I prodotti Fintech o i conti stranieri che ti danno un conto corrente anche in Italia ma con Iban estero sono belli perché gratuiti ma rischi di evadere il bollo senza saperlo perché magari non lo sai ma devi comunque inserirlo nella dichiarazione dei redditi. Quindi quello che sembra un vantaggio al momento potrebbe poi rivelarsi un grosso svantaggio. Quindi la prima cosa è entrare in una banca fisica, soprattutto per i giovani. Oggi il lavoro è sempre più flessibile, è difficile mantenere lo stesso lavoro per tutta la vita, quindi è importante la “vecchia conoscenza”, ovvero che la banca ti conosca, conosca i tuoi movimenti, la tua regolarità. Banalmente, in Italia è fondamentale per un mutuo. Se ho il conto su una banca online, quando vado poi in una banca fisica per chiedere un mutuo questi non mi conoscono, perché dovrebbero prestarmi dei soldi? Soprattutto in situazioni di lavoro precario. Entrare in banca è davvero il primo passo nel mondo dei grandi.

Credo che per i giovani le banche online siano “appetibili” per una questione di comodità, oltre che per una questione di costi. Siamo talmente abituati a fare tutto tramite Internet…

C’è anche da dire che negli anni le banche tradizionali non si sono impegnate particolarmente per essere friendly. I clienti hanno sempre paura di trovare, appunto, qualcuno che gli parla in “bancalese”.

Altra domanda: siamo a inizio anno, come si fa a stilare un budget in modo efficiente ed efficace? Come faccio a capire quanto posso spendere?

Io parto sempre da questo concetto: quando si parla di soldi, non si parla mai di una cosa standard. È uno degli argomenti più intimi e personali che esistano. Con questo intendo che non c’è un importo uguale per tutti. Sui social vedo challenge del tipo “risparmia 5 euro oggi, 10 euro domani” e così via che non hanno un senso perché dipende dallo stile di vita di ognuno. Per fare un budget io consiglio sempre di guardare l’anno precedente, di farsi un’idea di quanto valgono le spese necessarie (affitto, cibo, trasporti eccetera). Poi devo capire quali sono i tagli che posso fare senza cambiare troppo il mio stile di vita. Ricordiamoci che, solo perché si è deciso di risparmiare, non significa che devo stare chiuso in casa tutto il tempo! È importante anche mantenere un po’ il proprio stile di vita. Se taglio tutto all’improvviso o sono fortemente motivato (perché devo risparmiare tanti soldi in poco tempo) o questo budget dura quanto le diete-lampo: due settimane di digiuno e poi mangi più di prima. Altra cosa, è importante fare un’analisi critica delle nostre entrate. È un discorso, quello delle entrate, che viene spesso sottovalutato. Siamo in Italia quindi effettivamente è più difficile che in altri Paesi pensare di cambiare lavoro o aggiungere delle entrate a quelle attuali. Però fare un punto critico anche su questo tema non guasta mai. Da lì, tra uscite e entrate, faccio una fotografia della situazione attuale e capisco dove posso limare senza stravolgere il mio stile di vita. Questo secondo me è il modo più saggio per arrivare verso giugno (è importante, ogni tanto, fare il punto della situazione) e capire a che punto sono arrivato, regolarmi di conseguenza e fare delle previsioni.

Secondo te in questo le app sono utili? O è meglio il classico quadernetto o la via di mezzo, il foglio excel?

Basta farlo. Se si preferisce l’app, si rinuncia a un po’ di privacy, tranne se si tratta dell’app della tua banca.

Ecco, questo è un aspetto in cui le banche possono facilmente diventare più friendly: inserire nelle loro app delle opzioni per fare operazioni come il calcolo del budget, la previsione delle spese, la suddivisione delle spese tra più persone quando per esempio sei in vacanza o a cena…

Tanti Internet banking delle banche hanno qualcosa di simile. Diciamo che anche le banche si stanno un po’ evolvendo. Io personalmente preferisco il foglio di carta, ma è molto soggettivo. Basta farlo con regolarità.

E con onestà, perché come nelle diete spesso (anche inconsciamente) si “bara” mancando di inserire nelle uscite delle piccole spese che però, giorno dopo giorno, possono fare la differenza.

Essere sinceri con se stessi è fondamentale quando si parla di soldi.

Come dicevamo prima, i soldi sono un argomento molto personale ma, io credo, anche nel senso che si fa fatica a parlarne, come se fosse un tabù, una cosa che “sta male”. Eppure è un argomento che riguarda letteralmente tutti. Quindi perché non parlarne con naturalezza?

Di questi tempi si è aggiunto anche il problema dei social, in cui vedi sempre quello che ha più soldi di te, che li spende meglio di te, che ne spende meno di te, che fa cose che tu non fai. Quindi si crea un senso di inadeguatezza che ci porta a chiuderci in noi stessi e a cercare di dare meno il possibile nell’occhio. Credo che quindi il problema vero alla base sia il confronto con gli altri e il giudizio, un po’ come la prova costume.

Tre cose su cui investire quest’anno?

Io consiglio di investire un po’ in preparazione. Il mio motto è: in banca non è mai morto nessuno. Quindi prima di andare lì con i soldi con la paura di “perdere il treno”, investite in un buon libro di educazione finanziaria (Ami ha pubblicato il libro Signore, è ora di contare! Manuale di consapevolezza finanziaria, nrd), ce ne sono diversi molto buoni a seconda del proprio livello di partenza. Non fermatevi a quello che leggete sui social ma approfondite: l’investimento in conoscenza è uno dei migliori che potete fare. Poi direi che, se si hanno le possibilità economiche, è importante investire in un professionista finanziario che aiuti a capire cosa si sta facendo, per decidere insieme che investimenti fare. Infine, investite su voi stessi: prendetevi del tempo per capire chi siete, cosa vi piace, quali sono i vostri obiettivi e come volete raggiungerli. Molto spesso con questa idea che il mondo del denaro è standardizzato tutti vogliono investire in Bitcoin, ma magari questo investimento non si adatta al tuo profilo perché non hai la possibilità di farti carico del rischio. È importante capire quali sono le nostre possibilità reali e che orizzonte temporale abbiamo davanti (a lungo termine o se devo comprare casa tra 6 mesi).

La tua strada lavorativa è stata piena di cambi di percorso, di “imprevisti” che si sono rivelati una fortuna. Che consigli hai per chi vuole cambiare vita?

Lasciar andare la paura, perché molto spesso si accettano situazioni che non ci vanno più bene, ci stanno scomode, non ci rendono felici, solo perché “mi pagano bene”. Ma quando si arriva al colmo, potrebbero anche ricoprirti d’oro e tu comunque non staresti bene. Quindi il mio consiglio è di non avere paura e di permettersi di sognare. Non parlo di salti del vuoto, ma semplicemente di guardarsi intorno e, ancora una volta, investire su se stessi perché è finita l’epoca del lavoro in cui entro da giovane ed esco quando vado in pensione. Ma anche investire su se stessi in cose che non riguardano strettamente il lavoro attuale: magari una passione, un hobby, che poi ci tornerà utile al momento giusto. E poi consiglio di fare sempre il proprio lavoro con passione. A volte mi dico: “Se non va bene in banca magari tornerò a fare la cameriera in pizzeria, ma sarò la miglior cameriera di quella pizzeria”. Va benissimo lavorare per lo stipendio, è sacrosanto, ma quando lavoriamo per noi stessi viene naturale dare il massimo, non per l’azienda (che magari non ce lo riconosce neanche) ma per noi, perché fare del nostro meglio fa sì che le nostre giornate abbiano un senso. Altrimenti le buttiamo via, e il tempo è davvero la merce più preziosa che abbiamo.

Ora vorrei farti due domande che arrivano dai nostri lettori. La prima è: “Come risparmiare se la moneta svaluta per l’inflazione? Bitcoin non ha inflazione: può essere una soluzione?”.

L’inflazione è un problema ma è un fenomeno che fa parte dell’economia reale come la pioggia appartiene alla meteorologia: c’è, esiste, e non posso ragionare sui miei soldi dall’oggi al domani o da qui a sei mesi (a meno che, come dicevamo prima, per ragioni pratiche questo non sia il mio orizzonte temporale). Se ho dei soldi, devo sempre pensare a medio-lungo periodo. Se io mi sono posizionato correttamente nella scelta degli investimenti da fare, l’inflazione non è un problema e non devo correre a buttarmi nei Bitcoin adesso che costano tantissimo. Il fatto che i Bitcoin non abbiano inflazione è un argomento abbastanza intricato. Molti parlano di Bitcoin ora perché va di moda, ma sfido a trovare chi veramente abbia capito come funzionano. Parliamo di tecnologie e mercati ancora allo stato embrionale, col rischio che si urli al miracolo e poi ci si trovi ad avere in mano una cosa già vista. Ci sta sperimentare, giocare con questi strumenti, ma se per paura dell’inflazione metto tutti i miei soldi nei Bitcoin sono un pazzo. Vuol dire mettere i miei soldi in un contesto estremamente volatile, col rischio di perderli tutti, per la paura che i prezzi aumentino di qualche punto percentuale. È come tagliarsi un braccio perché mi ha punto una zanzara. Poi c’è anche da dire che non si è ancora capito se l’inflazione attuale ce la siamo portata dietro dalla pandemia, quindi è un fenomeno che si dissolverà come un forte temporale, o se invece è come quelle settimane di nebbia in Val Padana che durano un bel po’. Bisogna aspettare e vedere. Mai prendere decisioni di lungo periodo basandosi su una paura di breve periodo.

Seconda domanda: “Ci puoi spiegare cosa significa ‘banche vuote’ e ‘bank run’? È davvero possibile ritirare?”.

Partiamo dal presupposto che le banche raccolgono il denaro e lo ridistribuiscono sul territorio sotto forma di prestiti. Non è che le banche hanno il caveau di Paperon de Paperoni con dentro denaro illimitato. Se oggi tutti i clienti di una banca andassero a ritirare, non ci sarebbero abbastanza contanti per soddisfare la richiesta. Se tutti invece chiedessero di trasferire i soldi tramite bonifico, non ci sarebbe nessun problema. Fatta questa premessa, è ovvio che ci si trova davanti a questa situazione solo in casi eccezionali come una guerra civile, situazioni dove le persone non credono più nel sistema. Ma a quel punto se viene a crollare il sistema anche quei soldi che hai ritirato sono nata straccia. Di fatto, in un sistema economico come quello dell’UE il problema della banca che non ha il forziere abbastanza pieno per dare contanti a tutti è del tutto ininfluente. Altrimenti, tanto vale nascondere i contanti sotto il materasso.

Per concludere, passiamo a un argomento un po’ più leggero e inaspettato, soprattutto per chi non ti conosce bene. Forse non tutti sanno che tu sei una grande appassionata di sci. Ma non semplicemente appassionata: hai fatto gare in giro per il mondo e puntavi alle Olimpiadi, tra l’altro sciando non per l’Italia ma…

Con la bandiera del Senegal. È stata una bellissima avventura. Per me è stato un modo per avvicinarmi alla cultura di mio padre, che è morto quando io ero piccola. Sono stata cresciuta da mia madre come bresciana, quindi abbracciare la bandiera del Senegal e portarla in giro per il mondo nel tentativo, oltre che di arrivare alle Olimpiadi, di lanciare un messaggio universale: che lo sport è per tutti a prescindere dalla latitudine a cui vivi e la passione può portare anche gli atleti africani a sciare. Io tra l’altro ho imparato a sciare a 30 anni, quindi è stata proprio una sfida, anche perché è uno sport contro natura: l’istinto ti dice di buttarti indietro, invece devi andare avanti e anche la curva è un po’ un buttarsi nel vuoto. Io ho cercato sempre di superare i miei limiti, anche facendo la vita da atleta mentre lavoravo a tempo pieno.

Quante volte ti allenavi a settimana?

Da Brescia andavo in montagna a sciare minimo due volte a settimana, ma ho anche usato tutti i permessi e le ferie che avevo per sciare in quegli anni. Però non basta sciare, devi essere pronto fisicamente, quindi avevo una serie di allenamenti paralleli durante tutta la settimana. C’è stato un periodo in cui mi allenavo a Bergamo, quindi uscivo dal lavoro a Brescia, prendevo l’autostrada, andavo a Bergamo, mi allenavo per un’ora e mezza e tornavo a casa. È stato impegnativo ma quando hai in testa un obiettivo a cui tieni tanto non senti la fatica, o meglio, la senti ma fa parte del gioco. Io ora mi chiedo come ho fatto (ride, ndr).

Che gare hai fatto?

Sono arrivata a fare la South American Cup, che è l’equivalente della Coppa Europa ma in Sud America.

Quindi hai anche viaggiato molto.

Ovviamente è costato, nessuno ci ha regalato nulla… parlo al plurale perché eravamo io e mio marito: io ero l’atleta e lui era l’allenatore/tecnico/accompagnatore. Siamo stati in Sud America, in Iran… la cosa di cui nessuno parla è che c’è un mondo di atleti di Paesi che non hanno nella loro cultura sport come lo sci alpino e, in generale, gli sport invernali. Dagli anni Novanta, quando hanno introdotto un punteggio minimo per potersi qualificare, ci sono atleti che girano il mondo e fanno tantissime gare per raggiungere quel punteggio e potersi qualificare. Quindi abbiamo conosciuto persone da tutto il mondo.

In questi viaggi sei stata anche in Senegal?

In Senegal ci sono stata dopo, per la prima volta nel 2018. Ho finalmente conosciuto dal vivo i miei cugini che avevo contattato tramite Facebook.

Com’è stato tornare a una parte delle tue radici?

È stato emozionante. Io non sapevo assolutamente cosa aspettarmi, infatti io avevo deciso di stare solo 5 giorni, pochissimo, tante ore di aereo per un viaggio così breve perché temevo che mi sarei trovata male. In realtà è stato strano perché l’Africa ha molto poco a che vedere con quello a cui siamo abituati. Ma quando sono arrivata lì mi sono sentita a casa, come se fossi sempre stata lì.