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Percepivano il reddito di cittadinanza ma avevano ville e Lamborghini grazie alle truffe su internet

truffe internet

Fermato un giro da milioni di euro: un sodalizio di 11 persone che facevano vita "da nababb"i grazie alle truffe su internet.

Sono state individuate 11 persone, sospettate di far parte di un’associazione a delinquere finalizzata alle truffe su internet. Percepivano il reddito di cittadinanza ma vivevano in ville di lusso e disponevano di auto di grossa cilindrata e oggetti di valore

Vivevano nello sfrazo ma percepivano il reddito di cittadinanza

Percepivano il reddito di cittadinanza ma vivevano nello sfarzo tra ville di lusso, auto di grossa cilindrata, gioielli e oggetti di valore. L’ipotesi degli investigatori è che il sodalizio delle undici persone indagate – distribuito fra Toscana, Liguria, Veneto e Friuli Venezia Giulia – rappresenti un’associazione a delinquere finalizzata alla truffa.

Insomma, una truffa nella truffa, che sottolinea ancora una volta come sia indispensabile ripensare il meccanismo di riconoscimento del diritto a percepire il reddito di cittadinanza.

Come è partita l’indagine

Come riporta l’Ansa, gli investigatori della polizia postale ligure, guidati dalla prima dirigente Lucia Muscari, sono partiti dopo avere notato l’attività di coppia che si occupava di ritirare, presso gli sportelli di istituti di credito dell’alta Toscana e nello Spezzino, quelli che sono poi risultati essere i proventi dell’attività criminale di un’organizzazione più articolata.

Come affeniva la truffa su internet

Un giro di milioni di euro ottenuti dalle truffe su internet. Il raggiro si basava nell’individuazione “delle vittime” tramite annunci online di persone che mettevano in vendita oggetti vari. A quel punto contattavano i venditori, fingendosi fortemente interessati all’acquisto dei vari prodotti e facendo leva sulla fretta di concludere al più presto l’acquisto, convincevano le vittime a recarsi in uno sportello automatico per ricevere l’accredito della somma sulla propria carta. Solo che, sfuttando evidentemente la non perfetta conoscenza delle procedure bancarie da parte delle vittime, i truffatori fornivano loro una serie di istruzioni e codici attraverso i quali, invece di ricevere il pagamento della merce sul proprio conto, ricaricavano una carta di pagamento nella disponibilità dei truffatori. Che per garantirsi l’anonimato erano soliti ricorrere a un sistema che rendeva anonime le loro conversazioni o ad applicazioni crittografate come Telegram ed Icq.

(Immagine di repertorio)