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Perché il Senato ha approvato la riforma Cartabia se abbiamo votato il referendum sulla giustizia?

La ministra Marta Cartabia

Riforma Cartabia e referendum sulla giustizia: la prima è appena diventata legge e i secondi hanno da poco fatto un buco nell'acqua con il quorum

Il paragone e il rilievo sono in un certo senso inevitabili: come mai il Senato ha votato la Riforma Cartabia se abbiamo appena votato il referendum sulla giustizia? L’apparente eguaglianza fra i due temi ha spinto gli italiani a cadere nell’equivoco del “doppione”. Messa meglio: davvero ci siamo arrovellati su due piani identici per riformare il rapporto fra magistratura e popolo partendo sia dal “basso” che “dall’alto” in modo che almeno una delle due parti riuscisse a sanare un antico sconcio italiano?

Riforma Cartabia e referendum sulla giustizia doppioni?

E tutto questo non ha forse il sapore dell’ennesima riprova di un’Italia spendacciona che su un unico problema mette in moto e in conto spesa due possibili soluzioni? A dire il vero non è proprio così e la riforma Cartabia ed i referendum sono tangenti in alcuni punti, ma non completamente sovrapponibili, quindi uno non necessariamente non avrebbe dovuto escludere l’altro. La legge appena approvata è collegata agli interventi che l’esecutivo ha messo in piedi nell’ambito del Pnrr. Cosa “ci chiede l’Europa”? Una cosa che noi avremmo dovuto chiedere e noi stessi da tempo: riformare la magistratura ed i criteri di selezione ed azione della medesima per dare una risposta-cesoia agli scandali che hanno colpito il Consiglio superiore di magistratura e che hanno fatto massa critica nella vicenda Palamara.

Due quesiti solo referendari e molto importanti

Sì, ma i referendum? Quelli, in cinque quesiti secchi che prendevano in esame alcune parti dell’intero corpus di ciò su cui Camera e Senato hanno deciso, avevano una funzione più “chirurgica” e rispondente ad esigenze omologhe, ma non strutturalmente funzionali e sovrapponibili al contenuto della riforma. Insomma, le due cose andavano fatte e fatte separatamente, la prima per far avvalere su alcuni snodi il popolo di una facoltà democratica sancita dalla Costituzione, la seconda per “sistemare” l’intero impianto. La riprova di merito? Ci sono due dei cinque referendum messi a “giudizio d’urna” e cassati per mancato quorum che non sono parte integrante della riforma. Quali sono? Quelli molto importanti sui limiti della custodia cautelare, non applicabile in proposta per timore fondato della reiterazione del reato e della decadenza/incandidabilità dei condannati, vale a dire la cosiddetta “legge Severino”.

Il nodo del Consiglio Superiore della Magistratura

Ma c’è un distinguo concettuale molto più ampio e riguarda il Consiglio Superiore della Magistratura: vero è che uno dei referendum ne prevedeva la riforma, ma è anche vero che il Csm a luglio dovrà rinnovare le sue cariche ed era importante farlo con nuove regole di elezione che non erano in agenda. Come pure vero è che difficilmente un quesito referendario avrebbe potuto garantire un risultato data la natura composita di ciò che chiedeva agli italiani. Il sunto è che con la riforma Cartabia tre referendum sarebbero stati probabilmente superati dall’azione del Parlamento, ma due sarebbero rimasti fuori e quello più strutturale avrebbe rischiato di cadere nel dimenticatoio o sottostare alle ferrea regola del quorum.