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Pescara, Anna Martello stuprata e uccisa dal branco

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Dodici mesi dopo si scopre la verità: Anna Martello non si è suicidata, è stata violentata e uccisa da un cocktail di alcol e farmaci.

Dopo oltre un anno di indagini, è emersa la verità: Anna Martello, trovata morta a Pescara la notte fra il 30 e 31 agosto del 2017, sarebbe stata prima violentata da un branco di persone dell’est e poi uccisa da un cocktail di farmaci e di alcol. Sono indagati due romeni, accusati di omicidio volontario, violenza sessuale e abbandono di persona interdetta. La donna era incapace di intendere e di volere e sua sorella le faceva da tutor.

Esclusa la prima ipotesi di suicidio

A parlare è proprio la sorella, Isabella Martello, che dentro di sè porta un dolore atroce e accusa i medici del pronto soccorso. Questi avevano pensato al suicidio, ma solo dodici mesi dopo si è scoperta la verità: “Fino a ieri siamo stati in silenzio per rispetto degli inquirenti, ma oggi il dolore è ancora più grande per quello che abbiamo saputo ufficialmente, e che avevamo sempre sostenuto, e cioè che mia sorella non si era suicidata, ma era stata uccisa. Mia sorella non era frequentatrice di questi posti, come molti hanno detto. Non beveva, ma era una donna che soffriva di disturbi psichici e ogni tanto si allontanava da casa, ma poi veniva sempre ritrovata dalle forze dell’ordine, o da noi familiari. Invece è stata ritrovata il 31 agosto morta ammazzata

La ricostruzione del legale della famiglia

Come anticipato dalla sorella, la famiglia, in cuor suo, sapeva che non poteva trattarsi di un suicidio. A confermare la versione è il legale che ha tentato di ricostruire la vicenda. Questo è quanto comunica l’avvocato della famiglia, Carlo Corradi: “Chiaramente come legale della sorella di Anna e del cognato, abbiamo sempre sostenuto a gran voce che non si trattava di suicidio, ma di morte violenta e omicidio. Questo perché la donna, seppur alle prese con problemi psichiatrici, non era mai giunta a commettere gesti eclatanti. Smentisco che frequentasse la zona della stazione e che assolutamente era astemia e non beveva, anche perché era sottoposta ad un trattamento farmacologico. Tutti questi elementi ci portavano a ritenere, e oggi abbiamo avuto conferma, che non poteva trattarsi di suicidio“.