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Decreto fiscale, tutti gli errori nelle accuse Di Maio

Di Maio, gli errori nelle dichiarazioni da Vespa

Le accuse di Luigi Di Maio a un'ipotetica "manina" che ha ritoccato il decreto legge fiscale si scontrano con la realtà dell'iter legislativo.

Nell’accusare qualcuno interno al governo o tra i tecnici del Mef di complotto e di aver ritoccato il decreto legge fiscale, Luigi Di Maio si è reso reo confesso di una grave incompetenza in materia di procedure legislative. Per comprendere l’errore commesso dal vicepremier serve conoscere il ciclo di vita di un decreto legge, dalle proposte avanzate dai ministri fino alla sua effettiva applicazione.

L’iter del decreto legge

La prima bozza del decreto viene scritta dall’esecutivo, riunito nel Consiglio dei Ministri o in vertici ridotti e informali. Poi la bozza passa nelle mani dei burocrati del governo, ovvero personale tecnico e qualificato che, in quanto non eletto dal popolo, non ha il dovere di rispettare un programma politico. Lo scopo dei tecnici è quello di assicurarsi che le leggi emanate siano formalmente corrette. In questa fase di stesura e correzione del testo, circolano numerose bozze del decreto, che vengono discusse dai burocrati e dai Ministeri (tra cui, in questo caso, quello dell’Economia) fino ad arrivare alla versione definitiva.

Solo a questo punto il decreto riceve la bollinatura della Ragioneria di Stato, con la quale il testo diventa ufficiale. Il decreto passa dunque al Presidente del Consiglio, che lo legge e lo approva ponendo la sua firma. È solo il premier, poi, ad avere il compito di trasmettere il testo al Quirinale, dove il Presidente della Repubblica procederà a un ulteriore controllo per verificare la costituzionalità delle proposte. Se anche il Presidente pone la sua firma, il decreto entra immediatamente in vigore. Verrà in seguito discusso ed eventualmente emendato dal Parlamento.

Le bozze del dl fiscale

In questo momento, il dl fiscale si trova ancora nella prima fase dell’iter, quello della stesura del testo e della sua discussione da parte di burocrati e ministri. È normale, dunque, che circolino diverse bozze e che tali testi arrivino anche nelle mani dei giornalisti. Non vi è alcuna irregolarità, dal momento che non si tratta ancora del documento ufficiale.

Lo stesso Di Maio sembra essere a conoscenza che quello di cui sta parlando è un testo provvisorio. “I miei stavano rivedendo una bozza che circolava. E nella bozza emergeva quello che sto dicendo”, ha dichiarato a Porta a Porta. Ma il vicepremier grillino ha accuratamente evitato di fare alcun riferimento al lungo processo attraverso cui la legge deve passare e durante l’intervista non ha mai parlato del ruolo della Ragioneria.

Il ruolo di Conte

Un altro punto interrogativo tra le accuse di Di Maio riguarda il ruolo del premier Conte. Alla domanda di Vespa: “Ma lei ha capito da quale ufficio il decreto fiscale è arrivato al Quirinale?”, il vicepremier ha risposto: “No, perché questa notizia mi è arrivata un’ora e mezza fa”. La sua affermazione sposta l’attenzione sulle tempistiche della scoperta, distogliendo l’attenzione dall’ufficio nominato dal conduttore.

La ragione è che nessun ufficio governativo ha il potere di trasmettere il testo al Quirinale. Solo il Presidente del Consiglio, previa la sua firma, può farlo. Se il testo del dl fosse davvero già arrivato nelle mani di Mattarella, significherebbe che ha ricevuto l’approvazione del massimo rappresentante del governo e, dunque, di tutti i suoi esponenti, compreso il M5S.

Il tempismo di Di Maio

Diversi esponenti della Lega, tra cui il sottosegretario Giancarlo Giorgetti, hanno accusato Di Maio di aver appositamente atteso l’intervista a Porta a Porta per parlare di complotti e denunce, senza prima consultare gli alleati di governo. Le sue dichiarazioni hanno sollevato un caso politico, in un contesto in cui sarebbe bastato semplicemente dichiarare invotabili e irricevibili le bozze circolanti tra Ministeri e Ragioneria. Le sue accuse all’ipotetica “manina” e la sua minaccia di denuncia hanno avuto l’effetto di dimostrare inesperienza o, peggio, incompetenza.

Il post di Di Maio