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Giorgia Meloni e la Grande guerra, 100 anni per dimenticare

La strumentalizzazione storica di Giorgia Meloni

Giorgia Meloni esalta con orgoglio patriottico la fine della Prima guerra mondiale e Vittorio Veneto. Eppure, la gloria italiana fu davvero poca.

Mentre l’Europa festeggiava il centenario della fine delle Grande guerra l’11 novembre, in Italia la bandiera tricolore era già stata sventolata giorni prima, in memoria della battaglia di Vittorio Veneto. “100 anni fa vincemmo la Prima Guerra Mondiale. I nostri Eroi ci fecero liberi e sovrani. 100 anni dopo ricordiamo il loro sacrificio combattendo la stessa battaglia contro i nuovi invasori. Questo è il nostro omaggio, questa è la nostra sfida. #NonPassaLoStraniero“. Così Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, ha commentato sulle piattaforme social il centenario della vittoria, sottolineando quanto l’anniversario della battaglia di Vittorio Veneto sia “una festa molto più unificante di altre feste che oggi sono festa nazionale”.

Il centenario della Grande guerra

Giorgia Meloni e il centenario della Prima guerra mondiale

L’esaltazione della Prima guerra mondiale

Giorgia Meloni muove le sue considerazioni da una convinzione diffusa nella storiografia italiana secondo la quale gli italiani, dopo anni di guerra di difesa del suolo patrio sono riusciti a ribaltare le sorti della guerra e a sbaragliare gli austro-ungarici a Vittorio Veneto. “Non passa lo straniero” mormora il Piave e al suo grido l’esercito tricolore ha scacciato una volta e per tutte “l’invasore”. Anche su molti manuali universitari di storia contemporanea le dinamiche degli ultimi giorni di guerra vengono rappresentate come la gloria della Patria. “Alla fine di ottobre 1918, anche l’esercito italiano fa partire un’offensiva che travolge completamente gli austro-tedeschi, sconfitti nella battaglia di Vittorio Veneto” (Alberto Mario Banti, L’età contemporanea. Dalla Grande Guerra a oggi).

Eppure basta spostarsi al di fuori del panorama italiano perché della conclusione della guerra sul confine italo-austriaco si abbia una visione differente. Nessun esaltazione delle gesta eroiche dei soldati italiani, né tantomeno della coraggiosa strategia dei fieri generali. Recentemente anche alcuni storici italiani hanno tentato di restituire una visione più realistica della tanto esaltata Vittoria Mutilata. Uno di questi è Lorenzo del Boca che in Maledetta Guerra getta luce sulle imbarazzanti verità celate dalla retorica nazionalista e patriottica della Prima guerra mondiale, messa in piedi artificiosamente durante il ventennio fascista e attualizzata dalla destra italiana contemporanea.

Giorgia Meloni e la strumentalizzazione politica della Prima guerra mondiale

Quale straniero?

Alcuni alpini del Regio Esercito

Il cavallo di battaglia su cui la rinnovata retorica nazionalista promossa da Giorgia Meloni si fonda è l’ashtag “NonPassaLoStraniero”. Come se la Prima guerra mondiale fosse stata una lotta del popolo italiano per difendersi strenuamente da uno straniero nemico e invasore. Ebbene, sembrerà strano, ma gli stranieri eravamo noi. Le terre irredente non sono state altro che un mito, una maschera usata dall’Italia per giustificare quella che, a tutti gli effetti, voleva essere una guerra di invasione; invasione che, peraltro, si appoggiava ancora una volta alla potenza bellica di Francia e Inghilterra, largamente superiore a quella nostrana.

Prima del decantato Piave, lungo il cui corso le truppe italiane riuscirono a fermare l’avanzata austro-ungarica iniziata a Caporetto, infatti, il Regio Esercito tentò per ben dieci volte di invadere i territori dell’impero austro-ungarico. Le terre irredente erano a tutti gli effetti parte di un’altra sovranità nazionale e i suoi abitanti si riconoscevano pienamente in essa, a parte alcune rare minoranze. Il mito degli italiani di Trento, Trieste e Fiume separati da una agognata madrepatria italica fu il frutto di una studiata propaganda, messa in atto dai movimenti interventisti prima e dal regime fascista dopo la guerra.

#NonPassaLoStraniero di Giorgia Meloni non è quindi una semplice strumentalizzazione politica della Prima guerra mondiale, ma è una strumentalizzazione politica basata su un falso storico: lo straniero invasore eravamo noi.

Vittime o eroi?

L’altro espediente retorico usato da Giorgia Meloni è quello dell’eroismo dell’esercito italiano. “I nostri Eroi ci fecero liberi e sovrani, scrive la leader di FdI. Fu sicuramente sacrificio di tante vite, ma i ragazzi che venivano mandati allo sbaraglio e al massacro per conquistare le terre straniere erano del tutto inconsapevoli e certamente mossi più dai plotoni di Carabinieri alle loro spalle che dall’ideale di una patria libera e sovrana.

Esecuzione di un disertore dutante la Prima guerra mondiale

La guerra di aggressione, ordita tradendo i trattati di alleanza con Austria-Ungheria e Germania, si trasformò in guerra di difesa solamente a causa dell’incompetenza degli alti comandi militari del Regio Esercito. Dopo aver sanguinosamente fallito ben dieci offensive, la cecità di Cadorna e dei suoi generali portò alla completa sottovalutazione dell’offensiva di Caporetto, fermata più per esaurimento dello slancio nemico che per un reale contrasto italiano. Fu la successiva resistenza sul Piave e sul Grappa che permise alle fila dell’esercito italiano di riconoscersi in un concreto sentimento di appartenenza nazionale. Si trattò, forse, dell’unica vera “vittoria”.

Vittorio Veneto: fu vera vittoria?

Armistizio, le potenze alleate

Festeggiare la ricorrenza della battaglia di Vittorio Veneto come anniversario della vittoria italiana è un altro falso storico. A Vittorio Veneto non ci fu una vera e propria “offensiva che travolge completamente gli austro-tedeschi “; la travolgente avanzata italiana si realizzò a seguito della resa già firmata dai comandi austro-ungarici. In buona sostanza il Governo italiano si adoperò per arrivare all’armistizio con una buona scorta di territorio nemico conquistato, per potersi fregiare di una finale battaglia vittoriosa. L’Italia poté così mettere sul piatto almeno un’offensiva portata a compimento nel bilancio di più di tre anni di guerra.

Come scrisse l’ufficiale e storico inglese Sir Liddell Hart: “Il 3 novembre l’alto comando austro-ungarico si arrese agli italiani. Dopo la firma dell’armistizio, ma prima della sua entrata in vigore, gli italiani sbucarono da dietro le truppe inglesi e francesi dove si erano tenuti nascosti e nella grande vittoria (raro trionfo delle armi italiane) catturarono centinaia di migliaia di soldati disarmati che non opponevano resistenza”.

Ancor più dissacrante lo scrittore italiano Giuseppe Prezzolini che, nel 1920, diceva: “Vittorio Veneto è una ritirata che abbiamo disordinato e confuso. […] È un peccato che sia mancato, in questa battaglia, il nemico”.

Vittorio Veneto: vittoria dopo la resa

Strumentalizzare la storia

Parlare della Prima guerra mondiale come di una guerra di difesa contro l’invasore straniero, dell’esercito italiano come di Eroi salvatori e unificatori della patria e di Vittorio Veneto come di una gloriosa battaglia non è quindi altro che una strumentalizzazione politica di fatti storici in buona parte falsati. Tradimmo l’alleanza con gli imperi centrali cedendo alla lusinga dei vantaggi territoriali offertaci da inglesi e francesi. Giorgia Meloni non è certo la prima ad alimentare il falso storico. A guerra finita, tra i primi a snaturare la Grande guerra per nascondere la poca gloria italiana furono infatti Gabriele D’Annunzio e Benito Mussolini. Una delle premesse che ha unito gli italiani sotto il fascio littorio è stata infatti proprio il mito della Grande guerra.

Quando Mussolini realizzò che avrebbe potuto sfruttare politicamente uno scontento sociale diffuso, creò il mito della Vittoria mutilata utilizzando l’abilità oratoria di Gabriele D’Annunzio per affermarla. Che quello di Giorgia Meloni non sia il tentativo di emulare, in epoca diversa, un simile disegno?