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Manovra, il Senato approva: la protesta delle opposizioni

Manovra, il Senato approva: opposizioni in rivolta

Opposizioni in rivolta durante il voto del Senato sulla manovra. Bagarre in aula. Il PD cerca di rallentare i lavori: "faremo ricorso in Consulta".

La lunga notte del Senato ha portato al governo una faticata fiducia per il maxi-emendamento sulla manovra di bilancio. Il protrarsi dei lavori, i cambi all’ultimo e i tempi stretti con cui il Senato è stato costretto a lavorare non hanno lasciato le opposizioni a bocca asciutta di critiche. Le proteste delle opposizioni colpiscono il governo da tutti i fronti. Le opposizioni, in rivolta, creano il caos a Palazzo Madama, tanto da costringere la presidente del Senato Elisabetta Casellati a sospendere la seduta per alcuni minuti. Il Movimento 5 Stelle cerca di giustificare la lentezza con cui procedono i lavori: “È dei tecnici la colpa dei ritardi“, poi si rifugia nel complottismo: sembra che al Mef “qualcuno voglia metterci in difficoltà e sporcare la vittoria del premier Giuseppe Conte nella trattativa con l’Europa“.

Opposizioni in rivolta, bagarre in Senato

Oggetto delle strenue contestazioni delle opposizioni non è solo il contenuto dell manovra di bilancio, ma anche la modalità con cui il governo sta costringendo il Parlamento a lavorare. Camera e Senato, con l’acqua alla gola, devono terminare discussioni e votazioni entro il 31 dicembre se non vogliono incorrere nell’esercizio provvisorio. Fino alla votazione finale, conclusasi dopo le 2.30 della notte di domenica 23 dicembre, le opposizioni hanno lottato per impedire che il Governo ottenesse una nuova vittoria.

PD e FI hanno cercato in tutti i modi di rallentare ulteriormente i lavori a Palazzo Madama. La protesta dei senatori di Forza Italia è più pacata: durante la discussione alzano cartelli di protesta che irridono Luigi Di Maio.”Più povertà per tutti. Fatto” contestano i senatori. Poi si rifiutano di partecipare al voto: “Non siamo in condizione di esprimere il nostro voto: Forza Italia abbandona la commissione“.

Il PD furioso rallenta i lavori

La più tenace resistenza arriva da Partito Democratico. Quando il Governo ha annunciato, nel tardo pomeriggio, che il testo del maxi-emendamento doveva ancora essere corretto la furia dei senatori dem non si è più contenuta. “C’è stata la necessità di apportare correzioni formali, di errori materiali e di coordinamento” spiega il presidente della commissione di Bilancio Daniele Pesco. “Dateci un testo, vergogna, siete dei buffoni” rispondono i senatori PD.

Su Twitter i commenti in diretta da parte dei senatori: “Il maxi-emendamento presentato dal governo è pieno di errori. Il governo, che è arrivato in ritardo bestiale, sta correggendoli a voce. Una cosa penosa…” scrive sul proprio profilo Twitter il senatore Antonio Misiani. Il senatore Leu Piero Grasso si accoda alla polemica social: “È arrivato, finalmente, il maxiemendamento che sostituisce integralmente la manovra e per la prima volta si voterà a scatola chiusa: né i senatori di maggioranza né quelli di opposizione sanno con certezza cosa ci sia scritto in quelle pagine, perché non ci sarà dato il tempo di studiarle. Uno scempio delle istituzioni” asserisce. “La manovra del popolo è diventata la retromarcia dei populisti” sostiene invece Matteo Renzi.

In aula è bagarre dopo la conclusione delle revisioni da parte della commissione di bilancio. Il PD si avvicina ai tavoli del governo è lancia in aria le 195 pagine del maxi-emendamento. Scoppia il caos in aula a Palazzo Madama. La senatrice Simona Malpezzi (PD) accusa la senatrice questore Laura Bottici (M5S) di averle “messo le mani addosso“. Elisabetta Casellati costretta a sospendere la seduta dichiara: “Se c’è stato qualche atteggiamento offensivo sarà verificato. Io non l’ho visto ma lo verificherò nell’interesse della garanzia dei diritti di tutti“.

PD: “Faremo ricorso alla Consulta”

Prima di arrivare alla discussione finale che ha poi portato al voto, il capogruppo PD Andrea Marcucci ha dichiarato: “Viste le gravissime violazioni dell’articolo 72 della Costituzione, il gruppo parlamentare del Pd esprime la volontà di sollevare ai sensi dell’art. 134 della Costituzione il ricorso diretto alla Consulta affinché si pronunci sulla enormità che si sono compiute sotto i nostri occhi e sotto quelli del Paese da parte di questo governo violento che se ne frega dei diritti del Parlamento“.