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Quando Cesare Battisti unisce Salvini e la sinistra più di Megalizzi

Cesare Battisti, niente ergastolo

La politica italiana, guidata da Salvini, si ritrova unita per inneggiare al linciaggio di Battisti, l'emblema del suo fallimento.

Matteo Salvini, dopo essersi appostato di fronte all’aereo sul quale è atterrato in Italia Cesare Battisti, ha avviato una diretta Facebook. A corredo, spiegava che colui che di lì a poco si sarebbe palesato è un “assassino comunista”, che la giornata per l’Italia tutta sarebbe stata “storica” e che quindi, i suoi followers ma anche – perché no – gli italiani avversi erano invitati a “stare con noi”, nel senso davanti allo schermo a seguire la diretta. D’un tratto il rientro di un ergastolano evaso è diventato un evento paragonabile alla presentazione di un grande calciatore, ad un concerto, ad una sfilata di moda: una festa, insomma. Qualcosa di allegro.

È questo, l’aspetto assurdo della vicenda, ma non solo: Salvini ha semplicemente sfruttato l’occasione per fare quello che fa sempre e da sempre, cioè pubblicizzare la sua immagine di fronte ad un presunto successo per allargare il consenso elettorale, semmai è curioso che effettivamente lo sbarco di Battisti in Italia abbia risvegliato un sentimento di unione nazionale che sembra ormai sopito, che questa riunione davanti alla diretta video del vicepremier idealmente ci sia stata e che sia accaduto nel caso dello rientro di un latitante che è sfuggito alla giustizia italiana per trent’anni, quindi di un evento di cui l’Italia dovrebbe, almeno un po’, vergognarsi.

Uniti solo nell’osannare il linciaggio

L’Italia quindi si è stretta a coorte attorno allo sbarco tardivo di un terrorista che rappresenta il fallimento dell’Italia stessa. Battisti è l’emblema di un periodo storico su cui è stato chiuso prima un occhio e poi due, al punto che la latitanza prolungata è sembrata una concessione basata su ammiccamenti reciproci. Io ti lascio vivere ma tu vivi altrove, sparisci che noi ci giriamo dall’altra parte. Il tipico stile-permissivo-italiano, visto e rivisto, anche ultimamente nella vicenda “violenza nel calcio”. Altro che festa, quindi, il rientro di un colpevole fuggito e sfuggito, che da anni ride sotto i baffi osservando l’Italia dovrebbe essere un funerale di stato. Salvini è il capofila della festicciola che si è spontaneamente organizzata attorno al rientro di Battisti, stonata come se fosse un party ad un funerale, che può andare bene nei film, non nella realtà. Il silenzio e l’indifferenza sarebbe stato più dignitoso, oltre che più utile a sottolineare i tratti oscuri della vicenda-Battisti. Invece è diventata l’ennesima occasione per fare propaganda, a riprova del fatto che ogni avvenimento ha lo stesso sapore, colore, valore e significato, per i politici e per sempre più italiani, di conseguenza, basta che susciti interesse popolare che si cavalca l’onda.

Battisti-Megalizzi, il riflesso Italiano

La conferma della nefasta impressione sta nel contrasto tra lo sbarco di Battisti e quello della salma di Antonio Megalizzi, giovane reporter ucciso a Strasburgo. Per il primo erano presenti i grandi volti del governo, a comporre una platea gremita e trepidante, per il secondo un mese fa si erano palesati solo Mattarella e Fraccaro. E il clima: tripudio da un lato, silenzio doveroso e rispettoso dall’altro. Perché l’uno è come una soap, è spazzatura ma fa audience, e l’altro invece è un programma di inchiesta, curato ma noioso perché di nicchia, e in quanto tale in pochi se lo filano. Non è popolare e all’Italia piace esserlo. Piace la soap, e quindi unirsi davanti agli schermi e inneggiare alla morte della preda, divertirsi con il nostro personalissimo Narcos in presa diretta. Non è “il riscatto di un paese”, è la conferma che questo paese sta scivolando nell’ignoranza, nell’odio e nel bullismo da bar, che si identifica con la parata a petto in fuori per Battisti ma non con l’accoglienza commossa del Presidente per Megalizzi.