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Reddito di cittadinanza, il Garante in Senato "Rischi per la privacy"

Reddito di cittadinanza, il garante della privacy

Il Garante ha presentato in Senato una memoria in cui evidenzia i rischi del reddito di cittadinanza per i dati sensibili dei cittadini.

Il reddito di cittadinanza comporta diversi rischi per la privacy dei cittadini. È quanto sottolineato da Antonello Soro, garante della privacy, nella memoria presentata alla Commissione Lavoro al Senato. Non solo il sito, ma lo stesso provvedimento potrebbe esporre dati sensibili di coloro che fanno richiesta del sussidio. Il problema principale nasce dalla necessità, più volte rimarcata dallo stesso Luigi Di Maio, di controllare che chi ha diritto ai 780 euro non li spenda per spese definite “immorali“, quali il gioco d’azzardo. Per assicurarsene, i centri per l’impiego che si occuperanno del controllo dovranno avere pieno accesso all’elenco degli acquisti effettuati.

I rischi per la privacy

I cittadini che usufruiscono del reddito di cittadinanza potrebbero infatti scegliere di spenderlo per acquisti determinati dal proprio stato di salute. Più in generale, le spese effettuate possono rivelare informazioni sul profilo economico, familiare e sociale dei diretti interessati, comprese situazioni di particolare disagio. Inoltre, i centri per l’impiego dovranno avere accesso ai dati relativi all’Isee di tutti i cittadini, per stabilire chi abbia diritto al sussidio. Ma i centri, sottolinea il garante, non hanno le attrezzature necessarie per realizzare analisi di questo tipo in totale sicurezza. I sistemi informatici attualmente in uso non sono sufficientemente protetti da attacchi esterni.

I problemi di sicurezza del sito

Infine, lo stesso portale online del reddito di cittadinanza si è dimostrato vulnerabile da due punti di vista. In primo luogo, per quanto concerne il rispetto delle norme GDPR. In secondo luogo, per quanto riguarda la trasparenza dei dati affidati a Google dai cittadini, per via dell’utilizzo di un Font. Si tratta di problematiche per cui il governo avrebbe dovuto interrogare l’Autorità, la quale non ha invece avuto la possibilità di mettere in evidenza eventuali violazioni dei dati sensibili.