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Matteo Salvini e quella strategia di governo made in Usa

Matteo Salvini

La strategia politica del vicepremier, dalla consulenza di Bannon passando per "La Bestia": come ha fatto Salvini a diventare il leader del M5s?

Riuscire a ribaltare il consenso popolare, abbattere (e far accettare) il pregiudizio della xenofobia verso le minoranze etniche (terroni compresi), formare un partito d’impronta Lepeniana ma senza snaturare l’italianità crescente del nostro paese, rivendicare vecchi moniti della politica antecedente alla prima repubblica senza ricadere nell’odio comune, combattere i giornali e plasmare l’opinione pubblica a proprio piacimento. Questa è solo una piccola lista di ciò che è stato realizzato in poco meno di un anno di governo da parte di Matteo Salvini. La forza propagandistica del vicepremier è incontestabile.

Rousseau chi?

Il ministro dell’interno è riuscito nell’intento di diventare il nuovo leader del Movimento 5 stelle dopo aver messo in ginocchio i grillini sulla questione DiciottiRousseau. Ha ribaltato promesse, sentimento e principi dei pentastellati. Chi gridava onestà, oggi ha sottoposto ai propri tesserati una votazione online per stabilire se, come e quando abbonare all’immunità parlamentare un’indagine sul sequestro di persona. Vota no per dire si, vota si per dire no: poeticamente contraddittorio. Perché permettere agli iscritti M5s di decidere le sorti di una questione nazionale attraverso una piattaforma di una società privata (la Casaleggio e associati), senza trasparenza e senza democrazia, contravvenendo a tutti i precetti del gruppo politico? Perché salvare Salvini significa salvare il governo, la poltrona.

Matteo Salvini

Lo zio d’America

Un post su Twitter o Facebook. Meglio un piatto di penne all’arrabbiata o il tiramisù preconfezionato e stipato nel congelatore? Poco importa, perché alla fine la strategia comunicativa di Salvini vince comunque. Spogliarsi dell’istituzionalità del ruolo, convincere i cittadini che la vita di un politico non è diversa dalla loro: perché la chiave della popolarità dei personaggi della terza repubblica è questa. Contestare le idee di Roberto Saviano, blastare scrittori, attori e utenti: vincere sullo stesso campo dell’opposizione, sminuire e ridicolizzare le idee diverse dalle proprie col “cyberbullismo ragionato”.

Bannon

Postare e commentare le tendenze utilizzando “La Bestia“, quell’algoritmo che svela la fazione dell’opinione pubblica ancor prima che si palesi naturalmente. Vestire illegalmente le divise dei reparti di sicurezza dello stato, essere una parte per il tutto: Sarà il fascino della divisa o probabilmente potremmo definirla una sineddoche figurata per la propaganda salviniana. Il successo politico ed elettorale del movimento del Carroccio non proviene quindi esclusivamente dalla scelta di fare a meno della parola “nord”: se il partito ha aperto a tutta la nazione è merito anche della rivoluzione comunicativa targata Usa importataci in casa dallo zio d’America Steve Bannon. Ex capo stratega della Casa Bianca, giornalista, politico, produttore cinematografico, praticamente un genio.

Ricordiamo quando tesseva le lodi di Meloni e compagni durante il suo intervento all’Atreju 2018, ma non abbiamo mai considerato veramente quanto è stata importante per la storia politica italiana la sua consulenza al leader della Lega. La cultura statunitense è stata per antonomasia la precorritrice delle nostre abitudini, allo stesso modo se in Usa Donald Trump comunica liberamente su Twitter senza il filtro di un ufficio stampa, in Italia la politica (quello di pancia, che funziona sulla maggioranza) si fa in diretta Facebook. E allora chiediamoci cosa succede quando nelle piazze i contestatori di Salvini vengono insultati in diretta, trattati come meme di Instagram o peggio ancora: messi alla gogna libera della massa inferocita degli utenti del web. Chiediamoci cosa succederà quando questa paura vincerà su chi dovrebbe fare opposizione, ma forse è già troppo tardi per farsi domande.