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Dl Crescita, "codice unico" per affitti brevi: multe fino a 5mila euro

affitti brevi gian marco centinaio

Per contrastare l'evasione fiscale approvato un emendamento al decreto Crescita che imporrà agli affittuari di dotarsi di un codice identificativo.

Introdotta nel decreto Crescita una norma che imporrà a chi mette in affitto la propria casa ai turisti di dotarsi di un “codice unico” che sarà registrato presso l’Agenzia delle Entrate. Lo stesso codice sarà di identificazione sulle piattaforme di intermediazione, come Airbnb.

Lotta all’evasione

“Non siamo il far west quindi: da settembre si lavora con gli enti locali; le regioni e le Associazioni di categoria. Un codice identificativo nazionale per le strutture ricettive. Chi sgarra paga (salato). Il turismo non può essere sempre in mano ai furbi e ai ladri” annunciava nell’agosto 2018 Gian Marco Centinaio commentando un articolo dove si denunciava che il 50 per cento delle case in affitto ai turisti non era in regola.

A meno di un anno di distanza il codice unico per gli affitti brevi sarà presto una realtà. La misura infatti è stata introdotta nel decreto Crescita, attraverso gli emendamenti dei relatori Giulio Centemero (Lega) e Raphael Raduzzi (M5S). “Finalmente, grazie al nostro lavoro, anche l’Italia si dota di un fondamentale strumento che consentirà di migliorare l’offerta turistica” annuncia soddisfatto il ministro per le Politiche agricole alimentari, forestali e del turismo.

Il codice unico

“Il codice identificativo e l’iscrizione a una banca dati presso l’Agenzia delle Entrate per gli affitti brevi, e le locazioni presso strutture ricettive, consentirà di evitare eventuali evasioni fiscali o elusioni” assicura Centinaio. “Il nostro obiettivo era arrivare all’approvazione entro l’estate. Ce lo chiedeva tutto il mondo del turismo. – specifica ancora l’esponente leghista – Un settore molto importante per il nostro Paese. Con l’impegno di tutti abbiamo raggiunto un risultato importante”.

La nuova norma imporrà a chi mette in locazione la propria abitazione di dotarsi di un codice alfanumerico con cui saranno registrati al fisco e “identificati” sulle piattaforme di intermediazione. Chi non pubblicherà il suo codice di identificazione rischia una multa da 500 a 5mila euro. Per il Mipaaf è “una novità che risponde alle resistenze dei colossi del settore, contrari all’idea che dovessero essere loro a farsi carico di questa processo di tracciamento”.