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Migranti, tuona l'Ue "Stop alla collaborazione con la Libia"

Libia, Sea Watch

SeaWatch è bloccata con a bordo 43 naufraghi, di cui 6 donne e 3 minori non accompagnati, uno di soli 12 anni: hanno bisogno di sbarcare subito.

“In Italia per quello che mi riguarda e col mio benestare non arriva nessuno, possono mandare i caschi blu dell’Onu, gli ispettori del consiglio d’Europa, il commissario Basettoni, Pippo, Pluto e i Fantastici 4. Barchini e barconi non ne arrivano” Così Matteo Salvini ha chiuso alla direttiva dell’Unione Europea sulla scelta di non collaborare più con la Libia. “I porti in Italia restano chiusi” ha tuonato il vicepremier “Qui si arriva rispettando le regole”. Mentre il ministro dell’Interno rilascia queste dichiarazioni al termine dell’assemblea della Confartigianato, 43 naufraghi sono ancora bloccati in acque internazionali a bordo della Sea Watch.

Sea Watch, Libia, varie ed eventuali

Sul caso della nave ong tedesca era intervenuta la Procura di Agrigento: a maggio 2019, un sequestro probatorio (legato all’indagine sull’immigrazione clandestina) aveva bloccato la Sea Watch in Sicilia. Una volta terminata la produzione di documentazione utile alla verifica delle accuse, la nave umanitaria era stata rilasciata. Nella seconda settimana di giugno 2019 la ong tedesca ha tratto in salvo 43 naufraghi, di cui 6 donne e 3 minori non accompagnati: dopo aver predisposto ad Agrigento lo sbarco di alcune donne, bambini e due uomini in pericolo di vita, a giorni dall’operazione, l’imbarcazione si trova ancora in zona sar libica (in attesa di indicazioni dalle disponibilità di accoglienza in Germania). Il gruppo di migranti sbarcati verrà sottoposto a interrogatorio nell’ambito dell’indagine avviata nel mese precedente.

Dall’Unione Europea tuonano le considerazioni di Dunja Mijatovic. “I migranti salvati in mare non dovranno essere mai sbarcati in Libia, perché i fatti dimostrano che non è un Paese sicuro” ha precisato il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa esprimendosi personalmente “preoccupata per l’atteggiamento del governo italiano nei confronti delle ong che conducono operazioni di salvataggio nel Mediterraneo”. Sulla Sea Watch ha disposto l’urgenza “di indicare tempestivamente un porto sicuro che possa essere raggiunto rapidamente”. Di fatto il territorio di Tripoli e più in generale quello libico, ormai dilaniato dalla guerra e diviso dai governi di Al Sarraj e di Haftar, non può considerarsi un paese sicuro, tantomeno un porto in cui attraccare serenamente (contrariamente a quanto sostenuto dal principio di Search and Rescue).