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Sea Watch, parla Matteo Orfini: "Avrei agito come la capitana"

Pd

Le dichiarazioni del parlamentare di centrosinistra Orfini, che sostiene la scelta estrema di Carola Rackete, capitana della Sea Watch 3.

La vicenda dei migranti della Sea Watch continua a fare parlare di sé. A esprimersi sull’accaduto sono stati diversi personaggi politici, tra i quali non è mancato qualche rappresentante dell’ala del centrosinistra. “Se mi fossi trovato al posto di Carola Rackete, avrei agito esattamente come lei” ha dichiarato Matteo Orfini, parlamentare del Partito Democratico, riferendosi alla decisione della capitana della Sea Watch 3 di forzare il blocco navale entrando nel porto di Lampedusa per far sbarcare i migranti a bordo. “Veniva da giorni di prese in giro e noi stessi ci eravamo spesi e ottenuto impegni da parte del governo: se c’è un accordo, scendono in cinque minuti” ha affermato Orfini, sostenendo la giovane capitana tedesca.

Le dichiarazioni di Orfini

“Davanti al sequestro di 42 persone” ha dichiarato Orfini, che si trovava a bordo della Sea Watch insieme all’ex Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio, oltre che a Davide Faraone, Nicola Fratoianni e Riccardo Magi, “era nostro dovere intervenire e aiutarli a scendere. Così si inizia una battaglia di opposizione“. Il parlamentare ha aggiunto: “Ho molti dubbi che ci sia stata una violazione della legge. Davanti ad uno stato di necessità e per portare in sicurezza persone in quello stato, una nave può violare il blocco”.

I fatti

La vicenda, da giorni sulla bocca dei politici, ha visto come protagonista Carola Rackete, capitana della Sea Watch 3. La donna si trova sotto inchiesta per essere entrata con la forza nel porto di Lampedusa, speronando una motovedetta della Guardia di Finanza. La Rackete si è giustificata dicendo che temeva che alcuni passeggeri si suicidassero e ha affermato che colpire la motovedetta è stato un errore di valutazione nell’avvicinamento alla banchina del molo. La 31enne è accusata di resistenza e violenza contro nave da guerra, tentato naufragio e rifiuto di obbedienza a nave da guerra.

“Abbiamo il dovere di far rispettare le leggi. E rispettare noi stessi le direttive che ci vengono date. Abbiamo passato tre giorni a bordo senza dormire un attimo per contrastare i tentativi di avvicinamento. E abbiamo agito nel profondo rispetto di tutte le norme. Senza preoccuparci di mettere a repentaglio la nostra vita perché in quell’incidente potevamo essere morti” hanno raccontato i militari della Finanza coinvolti nella vicenda. “Siamo fortunati che oggi non si parli di omicidio”.