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Lucia Borgonzoni schiaffeggiata, sinti condannata a 20 giorni

Lucia Borgonzoni nomade

Il giudice ha riconosciuto le attenuanti e ha stabilito che il sopralluogo della senatrice leghista fu "un atto ingiusto".

È stata condannata a 20 giorni di carcere, pena sospesa, la donna di etnia sinti colpevole di aver schiaffeggiato Lucia Borgonzoni, che al’epoca ricopriva l’incarico di consigliere comunale della Lega a Bologna. Secondo quanto riportato da Il Corriere della Sera, la sentenza è stata emessa dal Tribunale del capoluogo dell’Emilia Romagna nei confronti di una donna di 54 anni, Maria Teresa Tomasini, riconosciuta colpevole di violenza privata.

Il giudice: “Sopralluogo ingiusto”

L’episodio risale al novembre 2014. In quell’occasione, la donna sinti ha aggredito la senatrice leghista per cacciarla dal campo nomadi di via Erbosa a Bologna. Lucia Borgonzoni stava effettuando un sopralluogo quando è avvenuta l’aggressione. La Procura ha chiesto per lei la condanna a un mese di detenzione. Ma il giudice ha riconosciuto alla donna le attenuanti generiche. La 52enne avrebbe infatti agito “in stato d’ira, determinato da un fatto ingiusto altrui” che ha provocato fastidio e nervosismo durante un “sopralluogo in un luogo di privata dimora, con al seguito giornalisti e telecamere”. Una circostanza che “effettivamente creò un fastidio per i residenti”. Le circostanze sono state testimoniate da numerosi video analizzati dagli inquirenti e dalla magistratura.

La senatrice è comparsa in Tribunale durante l’udienza, presentandosi come parte offesa e rispondendo alle domande poste dagli avvocati di accusa e difesa.

Le parole dell’avvocato

Luciano Bertoluzza, avvocato dell’imputata, ha chiesto la scarcerazione per la sua cliente invocando la legittima difesa. Secondo il legale, inoltre, nel comunicare il sopralluogo la Borgonzoni non ha rispettato tutte le norme previste da Palazzo d’Accursio. Il giudice Danilo Mastrocinque ha riconosciuto le attenuanti secondo quanto previsto dall’articolo 62. “Dalla sentenza emerge che, anche se non ha accolto la mia tesi secondo cui la donna agì per legittima difesa, il giudice ha comunque stabilito che la sua fu una reazione dettata dall’ira”, ha commentato Bertoluzza. “A caldo, direi che faremo appello, ma voglio prima leggere le motivazioni. La concessione dell’attenuante mi fa ben sperare, visto che la pena è comunque straordinariamente bassa”.