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Salvini e i selfie di protesta, ecco la mossa contro i contestatori

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Matteo Salvini sembra aver adottato una nuova tecnica per evitare i selfie di protesta, come mostrato in un video fatto durante un comizio in Toscana.

Da quando è diventato una celebrità mediatica, uno dei problemi del ministro dell’Interno Matteo Salvini è sempre stato quello dei selfie di protesta. Persone che con la scusa di volersi scattare una foto assieme al leader della Lega approfittavano del momento per fare domande scomode quando non insultarlo direttamente. Negli ultimi giorni sembra però che Salvini abbia adottato una nuova tecnica al fine di evitare quelli che per lui sono degli imbarazzanti inconvenienti.

Salvini e i selfie di protesta

È il giornalista Claudio Giua a mostrare in un video pubblicato su Twitter il nuovo modus operandi del capitano nel gestire i selfie dei sostenitori. Se prima infatti erano gli stessi fan a scattare la foto ora è Matteo Salvini che prende lo smartphone dalle mani del malcapitato sostenitore. Un modo forse per controllare che il telefono non sia in modalità video ma soprattutto per poter consegnare l’apparecchio alla Polizia nel caso dovesse essere inscenata una protesta. A corredare il tutto è inoltre l’insolito approccio in stile catena di montaggio con il quale il ministro dell’Interno tenta nell’impresa di accontentare tutti i partecipanti al comizio facendosi immortalare a ripetizione.

Le proteste precedenti

Nei mesi scorsi Matteo Salvini si è infatti dovuto confrontare più volte con numerosi insulti e proteste mascherati da innocui selfie. Celebre fu ad esempio l’episodio avvenuto a Lecce lo scorso maggio, quando un ragazzo avvicinatosi a lui con la scusa di una foto ha approfittato della situazione per rinfacciare a Salvini gli epiteti con cui egli fino a qualche anno prima apostrofava i cittadini meridionali.

Come non dimenticare poi le due ragazze che ad aprile si baciarono davanti al leader della Lega durante un comizio a Caltanissetta. In quel caso, il gesto venne fatto per protestare contro le politiche leghiste in materia di diritti Lgbt e soprattutto contro il congresso mondiale delle famiglie svoltosi a Verona un mese prima ed politicamente appoggiato dalla Lega.