C’era una volta il governo gialloverde, c’era una volta il “Partito di Bibbiano”. Era il 18 luglio 2019 quando della crisi istituzionale tra Movimento 5 Stelle e Lega non c’era ancora nulla di concreto, quando per la strategia politica di Luigi Di Maio la priorità era ancora attaccare leader e partiti dei governi precedenti. Un mese prima delle dimissioni di Giuseppe Conte e dell’inizio del periodo di consultazioni, il ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico si rivolgeva così al Partito Democratico “Mai con il Partito di Bibbiano non voglio avere nulla a che fare con il Pd” -commentava il leader pentastellato rispondendo all’attacco della Lega sulla nomina della Von Der Leyen alla Commissione Europea- “Ricordo che la Lega ha votato con il Pd, col partito che in Emilia toglieva i bambini io non voglio avere nulla a che fare”.
Di Maio, Bibbiano e i dem
Inutile dire che dopo il cambiamento radicale dello scenario politico italiano l’attacco, o meglio, l’appellativo che Di Maio ha affibbiato al centro sinistra è scivolato nell’oblio. Il “Partito di Bibbiano” è stato un mantra della propaganda politica avversaria dei democratici, uno slogan che si poneva in riferimento al coinvolgimento dell’ex sindaco di Bibbiano (il piddino Andrea Carletti) nell’ambito dell’inchiesta Angeli e Demoni e accusato di aver “omesso di effettuare una procedura a evidenza pubblica per l’affidamento del servizio di psicoterapia procurando intenzionalmente un ingiusto vantaggio patrimoniale al centro studi Hansel e Gretel”.
Verso un nuovo governo
D’altro canto pare che neanche sul versante dem questa parentesi passata costituisca ad oggi un problema per un’eventuale alleanza di governo, lo conferma Graziano Delrio: per l’ex ministro dei Trasporti del governo Renzi con i 5 stelle “risentimenti a parte, trattare con loro è difficile, ci sono molte distanze. Ma la vera posta in gioco è l’emergenza socio-culturale”. L’unico ostacolo reale che si pone quindi nell’ipotetica alleanza tra Partito Democratico e Movimento è quello relativo alla nomina del premier dell’eventuale esecutivo giallo-rosso: si lotta per la riconferma di Conte ma, arrivati a questo punto, l’appello per formare in fretta un nuovo governo assume sempre di più i connotati danteschi. Insomma, fatti non foste per viver come opposizione ma per salvar Di Maio e 5 stelle.