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Calderoli sulla legge elettorale: "Un peto, puzza di prima Repubblica"

Calderoli legge elettorale

Roberto Calderoli sulla legge elettorale non risparmia le critiche a Pd e M5S: "Io questa proposta la chiamerei il Petellum"

Roberto Calderoli torna ad attaccare il governo giallo-rosso, dopo l’accusa a Luigi Di Maio sul caso Gregoretti. Lo scorso ottobre si era sfogato sui social: “Il governo degli inciuci è già alla frutta, anzi mi pare che sia anche al caffè visto il loro nervosismo. Hanno appena finito la luna di miele e già volano i coltelli. Con i diktat reciproci”. Sul premier Conte aveva detto: “Ha una sorta di ruggito del coniglio e minaccia vanamente gli alleati dicendo chi non è d’accordo è fuori dal governo, come se lui avesse qualche potere se non quello di dimettersi”. Le critiche non sono mancate neppure nei confronti di Luigi Di Maio, “che replica ricordando che solo lui ha i numeri parlamentari per tenere in vita un Governo, con l’imbarazzo di un tremante Pd, chiuso nell’angolo, che può solo sperare che la maggioranza non si frantumi e non si torni al voto”. Ora Calderoli sulla legge elettorale non risparmia parole di totale disapprovazione.

Calderoli sulla legge elettorale: “Il Petellum”

“Dal momento dell’insediamento di questo governo la maggioranza dichiarava ai quattro venti di essere pronta sulla proposta per una nuova legge elettorale”, ha ricordato l’esponente della Lega. Invece, ha precisato: “Arriviamo fino al 2020 per scoprire che la montagna ha partorito non un topolino ma un peto“. Quindi, ha sentenziato Calderoli: “Io questa proposta elettorale la chiamerei il Petellum”.

“Impropriamente qualcuno la definisce il Germanicum. Questa proposta di legge elettorale, invece, sta a quella tedesca come il cane lupo sta al pastore tedesco, per cui non è altro che un bastardone. È chiaro che del Petellum si sente subito il puzzo della prima Repubblica“. Infatti, ha ricordato: “Si tratta di un proporzionale con un finto sbarramento che verrà ridotto per far entrare nani e ballerine in Parlamento”. Così facendo, a sua detta, si ritornerà “alle accozzaglie di un tempo”. All’epoca, “cinque o sei partiti che avevano perso si mettevano insieme per governare a dispetto di chi aveva vinto”.