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Salvini condannato per cori razzisti: "Non mi fermeranno in tribunale"

Salvini processo open arms

Tra gli atti depositati al tribunale di Torino spunta un decreto di condanna contro Salvini per cori razzisti contro i napoletani a Pontida 2009.

Negli atti depositati al Tribunale di Torino dove Salvini ha aperto un processo per villipendio alla magistratura è spuntata una condanna a lui precedentemente inflitta per aver pronunciato cori ritenuti discriminatori nei confronti dei napoletani.

Salvini: “Non mi fermeranno”

Se pensano di fermarmi attraverso i tribunali, hanno sbagliato a capire“. Così Matteo Salvini ha commentato la diffusione della notizia circa il decreto di condanna penale per razzismo nel processo di Torino. “Ho calcolato 12 inchieste e processi aperti a mio carico, dal vilipendio all’abuso di ufficio, fino all’istigazione all’odio e al sequestro di persona”, come nel caso Gregoretti.

La condanna di Salvini per i cori anti napoletani

Si tratta di un decreto penale, ovvero della decisione di un giudice che, su richiesta del pm, stabilisce, qualora lo ritenga, una pena pecuniaria per l’imputato senza passare per il processo. Nel caso di Salvini a chiederlo era stato il procuratore aggiunto Emilio Gatti e ad emettere la sentenza il giudice Roberto Ruscello. Costui aveva condannato il leader della Lega al pagamento di 5700 euro per aver violato la legge Mancino. Quella cioè che punisce “chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”.

Il fascicolo aperto dalla Procura di Bergamo e finito negli atti torinesi è relativo ad alcuni fatti avvenuti il 13 giugno del 2009. All’epoca Salvini ricopriva il ruolo di capogruppo della Lega Nord al Comune di Milano e di deputato da poco eletto al Parlamento europeo. Durante la festa di Pontida aveva cantato un coro contro i napoletani. Ad immortalarlo un video poi finito online e diventato virale che ha spinto due cittadini del capoluogo campano a sporgere una querela nei suoi confronti. Di qui l’iscrizione del leghista nel registro degli indagati e la successiva emissione del decreto.

Per quell’episodio Salvini aveva porto le sue “più sincere e sentite scuse” a tutti coloro che si fossero sentiti offesi dalle sue parole. “Ritengo però che un politico vada valutato per quello che fa. Non per quello che dice un sabato sera tra amici quando si parla di calcio”, aveva aggiunto.