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Legge elettorale, la Consulta boccia il referendum voluto dalla Lega

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"Inammissibile": questo il verdetto della Consulta sulla proposta di referendum avanzata dalla Lega per modificare la legge elettorale.

È terminato al Palazzo della Consulta il consiglio che ha stabilito l’inammissibilità del referendum sulla legge elettorale chiesto da otto consigli regionali. Il loro obiettivo era quello dell’abolizione della quota proporzionale attualmente presente nel Rosatellum per puntare ad una svolta in senso maggioritario. Ma i giudici della Corte Costituzionale l’hanno giudicato non ammissibile in quanto “eccessivamente manipolativo nella parte che riguarda la delega al governo per ridefinire i collegi“. Vale a dire proprio quella che avrebbe consentito l’autoapplicatività della normativa di risulta, richiesta necessaria all’ammissibilità del referendum.

La sentenza verrà depositata il 10 febbraio 2020. L’Ufficio Stampa della CC ha reso noto che questa ha esaminato anche il conflitto fra poteri proposto da cinque dei Consigli regionali promotori. Ha giudicato anch’esso inammissibile perché la norma oggetto del conflitto avrebbe potuto essere contestata in via incidentale.

Salvini: “Una vergogna”

Non si è fatta attendere la reazione di Matteo Salvini al parere dato dai giudici. Nel definire la loro decisione vergognosa e tipica del vecchio sistema, ha accusato dem e grillini di voler restare attaccati alle poltrone. Queste le sue parole: “Ci dispiace che non si lasci decidere il popolo: così è il ritorno alla preistoria della peggior politica italiana“.

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Il leader della Lega aveva chiesto a gran voce una legge elettorale maggioritaria e avviato una raccolta firme in tal senso. Tutte le regioni che hanno avanzato la richiesta di referendum sono guidate dal centrodestra, la metà proprio dal Carroccio. Si tratta infatti di Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo, Basilicata e Sardegna.

Il parere della Consulta sulla legge elettorale

A partecipare alla riunione durata diverse ore vi erano, oltre ai legali dei promotori dell’iniziativa popolare Mario Bertolissi e Giovanni Guzzetta, anche gli avvocati Felice Besostri e Pietro Adami portatori delle istanze contrarie. Presenti poi in qualità di uditori Roberto Calderoli e Roberto Ciambetti, delegati delle Regioni Basilicata e Veneto, e i professori Massimo Villoni (Coordinamento democrazia costituzionale), Paolo Maddalena (Attuare la Costituzione) e Federico Fornaro di Leu.

Le due diverse posizioni

Besostri ha fin da subito giudicato inammissibile la proposta di referendum. Questo perché secondo lui si tratta di norme tecniche difficili da comprendere per un cittadino eventualmente chiamato ad esprimersi. In più, se venisse giudicato ammissibile, si creerebbe un vuoto nella definizione dei collegi e non reggerebbe la soluzione dei promotori che presuppongono un intervento legislativo.

Diverso invece il parere espresso da Guzzetta, che aveva precisato come vi fosse una legge delega per modificare i collegi elettorali che può essere utilizzata per ridisegnarli. In più aveva sottolineato come questa avrebbe potuto essere l’ultima volta che si propone un referendum elettorale. Queste le sue parole: “Il legislatore ha capito che se formula la legge in un certo modo non si possono fare referendum“. Parlando poi del Germanicum, la legge che ricalca il modello tedesco proposta dai giallorossi, aveva evidenziato come fosse privo di collegi uninominali che non avrebbero potuto essere introdotti da una consultazione popolare.