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Facebook rimuove il video di Salvini al citofono: quando l’etica la fa il web

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La rimozione del video di Salvini al citofono da Facebook è simbolo dell'etica pigra del Terzo Millennio e della morte del Diritto.

È andata così ed era giusto che così andasse: il video a trazione tamarreggiante e popular con cui Matteo Salvini aveva messo alla berlina un 17enne durante il blitz elettorale al Pilastro di Bologna era diventato volano di incitazione all’odio e aveva consentito la localizzazione fisica di un minorenne. Perciò la Suprema Corte di Cassazione di Facebook ha deciso di rimuoverlo dal social tiranno di Zuckerberg perché non rispetta gli standard della comunità. E questo è un bene, ribadiamolo ché non guasta mai, in certe cose conta l’effetto e in vacca la causa. Ma dà anche il senso di una società dove l’etica e perfino il Diritto viaggiano su strade aliene.

Facebook rimuove il video di Salvini al citofono

A decretare infatti il reset senza appello di quel frame in cui Salvini si improvvisa uomo dell’anno per la copertina de La Torre di Guardia e va a fare i grattini all’elettorato malpancista apostrofando in diretta un ipotetico pusher italo tunisino con codazzo stampa annesso e prono è stata quella che in gergo si chiama la ‘Community’. Sono state le migliaia di segnalazioni degli utenti social cioè a far mettere toga e parruccone all’algoritmo di Facebook, che ha contato e incasellato sullo scaffale del ‘mancato rispetto degli standard’ una cosa che sarebbe dovuta diventare appannaggio d’ufficio della Procura competente.

La Legge Mannino e l’articolo 604/bis del Codice Penale vigente non sono certo messi lì per abbellire gli involti dei Baci Perugina, sono maniglie istituzionali autonome con cui uno Stato di Diritto si autoimmunizza dai corpi estranei che ne minano le basi, mica cotica. In Italia, casomai qualcuno se ne fosse dimenticato nel coacervo di autolegislazione casereccia che cola via dai social come melassa guasta, l’esercizio dell’azione penale è ancora obbligatorio, vale a dire che la magistratura inquirente ha il dovere, non la facoltà, di tampinare gli ipotetici illeciti, e i cittadini hanno l’opportunità, che sia figlia di spessore etico o specifico interesse in atti, di segnalarli.

È il guaio del rinnovato, corale e pavido senso civico italiota, che non spinge più singoli cittadini o consessi a denunciare un fatto e a farsi carico fisico e cognitivo della cosa, ma a rimarcarne con trombonesca indignazione la denunciabilità sull’innocuo, comodo e appagante teatro dei social. È l’etica pigra del Terzo Millennio che avanza a tappe forzate e che fa abdicare le Leggi, facendole diventare le domestiche sceme degli Standard, al più un orpello carino con cui insapidire un post quando si vuol far vedere che non si è a digiuno di leguleismi durante una rissa social. Che il Diritto sia nato dalle nostre parti pare sia vero, ma che sempre dalle nostre parti stia morendo è quanto meno verosimile.