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Le sardine diventeranno un partito politico?

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Le Sardine diventeranno mai un partito politico? È davvero nelle loro intenzioni? Se sì, qual è il programma del movimento rappresentato da Mattia Santori?

Ogni dimensione che sfugge alla logica del sondaggio e della competizione elettorale è difficilmente inquadrabile per i commentatori politici, ma comunque materia per le loro opinioni. È davvero assurdo, per alcuni, concepire una realtà extraparlamentare come le Sardine, una dimensione d’impegno squisitamente civile: tutto deve essere sempre ricondotto a una formazione partitica, schierata con una propria posizione nel pendolo che oscilla dall’estrema destra all’estrema sinistra, in lizza ai seggi con altri competitor, come alle corse dei cavalli.

Le similitudini con il M5S

Si parla di analogie con il M5S: anche il Movimento nacque “spontaneamente” dalla Rete, ponendosi come alternativa radicale, da outsider. Ma le similitudini finiscono qui: quell’esperienza unica al mondo, creata da un comico dal nulla, deve il suo successo anche agli interminabili tour che Grillo portò in giro per decenni in camper, in tutte le regioni; oltre che alla presenza di un manager come Casaleggio alle spalle (qui ancora non si sa chi ci sia dietro). Ma anche quella spinta oggi, nel giro di un paio di legislature, pare già esaurita: spesso i fenomeni che divampano all’improvviso, si smorzano con la stessa rapidità. Non ne sarà immune neanche il boom di Salvini. E questo delle Sardine, arginato il fantasma leghista in Emilia, pare destinato a estinguersi ancor più velocemente.

Il leader delle Sardine

Nate dichiaratamente con l’intenzione di non mischiarsi nel girone degli onorevoli, l’unico vero rappresentante che migliaia di persone sono riuscite “spontaneamente” a esprimere finora è Mattia Santori: giovane abile a interpretare il sentimento di insofferenza di tanti italiani all’istrionico populismo dell’ex vicepremier. Ottimo copywriter, ideatore di slogan efficaci e animatore di pagine social, il ragazzo ha subito imparato a parlare politichese, annunciando una “fase due”, strizzando l’occhio al Pd, schierandosi per questo o quell’altro provvedimento, rilasciando un’intervista al giorno.

Anche la sua visibilità esclusiva e l’incanalamento in tv e sulla carta di una protesta di Rete e di strada hanno asciugato i numeri portati in piazza facendo rapidamente declinare la suggestione del partito. Che aveva sedotto opinionisti ma anche molti cittadini rassegnati, fascinati – ora come ai tempi del Vaffa – dall’idea che l’ultimo arrivato abbia finalmente la chiave giusta in tasca; desiderosi “in nome del peggio di così non si può” di gettarsi tra le braccia della novità che promette di sparigliare le carte, già giocate, del potere.

Il programma politico delle Sardine

Ma l’unico abbozzo di programma “sardiniano” riguarda in pratica solo lo stile comunicativo di Salvini: la condanna della violenza verbale, della creazione di paure e mostri online tramite una raffica di post. Per il resto si chiede ai parlamentari di evitare dichiarazioni da campagna elettorale permanente, di parlare alla gente tramite canali “istituzionali” non meglio specificati (da tempo lo sono Facebook e Twitter), di bandire fascismo e razzismo dal web e, ingenuamente, di dirci la verità. Mero buon senso, quasi luoghi comuni.

L’unico punto concreto era ed è l’abrogazione del decreto sicurezza: un po’ poco per fondarci sopra un partito da presentare alle urne. E tutto il resto? Quali sono i progetti per aumentare l’occupazione, inserire i nuovi migranti, evitare fughe di cervelli all’estero? Hanno elaborato dei piani per finanziare la ricerca, aumentare i fondi a scuole e ospedali, manutenere ponti e autostrade, salvare Alitalia e le altre grandi aziende che non sono mai uscite dalla crisi economica?

È stato individuato un percorso per convertire fabbriche e impianti dall’energia fossile alle fonti alternative, per ridurre progressivamente le tasse, tornare a indicizzare le pensioni, accorpare gratuitamente i contributi sparsi nei vari enti previdenziali? Come si pongono nei confronti dell’Ue, della Russia, della Nato? E soprattutto: hanno le figure professionali, esperte e preparate, oltre che incensurate, da far sedere a questi tavoli? O i dicasteri saranno messi all’asta tra i follower, con un altro insondabile voto degli iscritti?

Le Sardine sono un magnifico gruppo nato attorno a una battaglia di educazione civica. Un partito è un’altra cosa: è un’organizzazione con un’agenda che tocca insomma tutte le sfere dell’azione sociale: sanità, istruzione, economia, lavoro, cultura.

Amnesty o i Sentinelli di Milano non hanno mai pensato di tramutarsi in formazione politica. Solo lo scenario di inscatolarsi nei Palazzi ha scatenato invidie e scissioni interne tra le Sardine: chi ce la farà tra gli “amici” social a sfruttare l’onda di consenso prima che diventi risacca, e sistemarsi per un po’ a Montecitorio? Uno di loro, Vincenzo Petrone, critico verso l’accentramento di Santori, è già stato buttato fuori via Whatsapp da un pugno di “fedeli”. Un B movie già visto.