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Coronavirus, l'ipocrisia dell'Italia divisa che pretende un'Europa unita

Coronavirus politici

Governo, Regioni e Comuni non riescono a fare squadra per un bene comune. Però poi chiediamo all’Europa di muoversi con un unico corpo, con un unico cuore.

Uniti ma divisi. L’Italia che si presenta ai nostri occhi in quella che sarà ricordata come “l’era della pandemia da Coronavirus“, è un quadro dalle mille discordanze cromatiche. E mentre a livello europeo si cerca – con non poche difficoltà – di richiamare a un senso di comunità, per richiedere una linea di interventi economici a misura dei bisogni dei singoli Stati, sembriamo non vedere che questa unità manca già a livello nazionale. E non solo.

Diciamoci la verità, perché ormai è sotto gli occhi di tutti: il “sentirsi una comunità” dell’Italia è terminato nel momento in cui abbiamo cantato l’ultima strofa dell’Inno di Mameli dai balconi. Poi ci dividiamo, su tutto.

Basta guardare agli ultimi provvedimenti del Governo Conte: dopo settimane di dibattiti sull’importanza della cultura e dei suoi luoghi simbolo, il nuovo decreto dà il via libera alla riapertura delle librerie. Apriti cielo: il coro dei «mettiamo in pericolo la nostra salute per un’azione più simbolica che utile» (capeggiato in molti casi dagli stessi librai) si scontra con la fazione opposta di chi plaude all’iniziativa.

E nel mare magnum della polemica, il conflitto si allarga, raggiungendo le istituzioni politiche a livello regionale. E ognuno applica il decreto a modo suo: se volete acquistare il vostro libro preferito e abitate in Lombardia, Piemonte, Trentino-Alto Adige o in Campania, vi conviene affidarvi all’e-commerce, perché librerie e cartolibrerie resteranno chiuse fino al 3 maggio.

Qualche governatore più ligio alle direttive governative ha deciso di farle riaprire già dal 14 aprile, ma con alcune specifiche regole: «Sanificazione dei locali, dispositivi di protezione obbligatori per dipendenti e clienti e, infine, distanziamento tra l’utenza», ha ricordato Enrico Rossi, accogliendo il decreto in Toscana.

Una scena già vissuta, no? Gli scontri Governo-Regioni sull’applicazione dei decreti c’erano già stati sul via libera alle corsette, alle passeggiate con i figli all’aria aperta e ancora ce lo ritroveremo con i futuri provvedimenti della fase 2 del riavvio economico dell’Italia in pandemia. La verità è che non riusciamo a fare squadra per un bene comune, perché ognuno pensa di saperne più degli altri. Possiamo scendere a livello ancora più locale, e notare che nella nostra città qualche libraio avrà storto il naso mentre stamattina alzava la saracinesca dopo un mese di inattività. Qualcun altro avrà scelto di non farlo proprio.

Poi però chiediamo all’Europa di muoversi con un unico corpo, con un unico cuore. Siamo bravissimi a odiare la Germania per un titolo provocatorio sul Die Welt (“In Italia la mafia sta solo aspettando una nuova pioggia di soldi da Bruxelles”) e a chiamarla ipocrita quando su un altro quotidiano ci mostra vicinanza.

La verità è che siamo uniti solo nel trovare un nemico. E più ci ripenso, più mi tornano in mente le parole di Bertrand Russel: «Abbiamo due tipi di morale fianco a fianco: una che predichiamo, ma non pratichiamo, e un’altra che pratichiamo, ma di rado predichiamo».