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Che fine ha fatto l'App Immuni? I dettagli

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Che ne sarà dell'App Immuni, scelta del Governo per controllare il contagio, ma dimenticata da Conte durante la conferenza stampa?

Che fine ha fatto l’App Immuni? Nel discorso del Premier Giuseppe Conte sulla “Fase 2”, non c’è stato spazio per l’applicazione scelta dal Governo per il contact tracing per rilevare, e contenere, il diffondersi del coronavirus in Italia.

L’App Immuni

Nella serata del 26 aprile tutti si aspettavano un chiarimento, o una parola in più, sull’App Immuni, l’applicazione di tracciamento scelta dal Governo per contenere e rilevare la diffusione del Covid-19 in Italia, cosa che però è del tutto mancata. Nonostante il contratto con “Bending and spoons”, la società incaricata per la realizzazione della piattaforma, risulta firmato da tempo, nella serata dedicata alla programmazione della “Fase 2”, non c’è stato spazio per l’App. Eppure, già da una decina di giorni, era arrivato l’annuncio dal ministero dell’Innovazione dell’imminente rilascio dell’applicazione sugli store di iOS e Android, dove si discuteva proprio del fatto che Apple e Google avessero dichiarato il rilascio di Application programming interface (API), alla quale Immuni doveva aggiornarsi con dei nuovi parametri. A conti fatti, Apple e Google hanno accelerato il processo annunciando una prima versione di queste interfaccia il 28 aprile, mentre però la data di rilascio di Immuni non è ancora conosciuta. Che fine ha fatto l’App dunque? Fonti vicine al Governo parlano ancora d’una situazione “in alto mare”, e non per fatti tecnici o di sviluppo – l’App sarebbe già pronta -, ma per contrapposizioni interne, anche politiche, che starebbero frenando il rilascio: privacy, obbligatorietà e “falsi positivi”.

I tre nodi

La tutela dei dati personali, la privacy, è sicuramente il tema che più ha creato conflitto, che ha scatenato enormi dibattiti attorno all’App stessa, dove gli sforzi per farla lavorare in modo più possibile anonimo – grazie al bluetooth e lo scambio di codici esadecimali che non svelano nessuna identità -, sono stati nulla a fronte dell’opinione pubblica che l’avrebbe bollata come un’applicazione spiona. A questo si è collegato il problema dell’obbligatorietà, che ha costretto lo stesso Conte ad annunciare che Immuni non sarebbe stata obbligatoria – mossa giocata anche per placare le accuse piombate su Palazzo Chigi. Vero però che qualsiasi App di contact tracing che possa essere veramente utile a far il suo lavoro, avrebbe bisogno di un numero molto alto d’utilizzatori, in questo caso oltre il 60% della popolazione. I “falsi positivi”, l’ultimo nodo, blocca ulteriormente l’App: affinchè essa resti poco invasiva dal punto di vista dei dati personali, si corre il rischio della poca affidabilità.

E dati errati, in un momento come questo, creerebbero solo più danno – in questo, i casi di Cina e Corea ne sono un esempio, nonostante sia bene ricordare delle politiche e tempi differenti nelle due nazioni. Importante anche sottolineare come risulti, ad oggi, difficile mappare il contagio in Italia in quella che dovrebbe essere la “Fase 2”, così come l’esito di un buon contenimento nella fase di ripartenza. L’App, infatti, sarebbe solo uno scacco del mosaico, in un puzzle fatto di maggiori test e trattamenti sanitari domiciliari, basti infatti guardare – sempre con un certo occhio – l’evolversi della situazione in Corea. Occhio quindi alla “Fase 2”.