> > Mes approvato, nulla di buono per l'Italia

Mes approvato, nulla di buono per l'Italia

riunione eurogruppo: accordo sul mes

Il MES per le spese sanitarie è stato approvato, ma non lascia trasparire nulle di buono per l'Italia.

A voler analizzare con glaciale autonomia di pensiero, cinicamente, escludendo quindi demagogie fuori luogo, le recenti lezioni apprese dai litigi fra Paesi membri UE, dalle volontà dominanti di alcuni Stati e dalla inadeguatezza della UE così come strutturata attualmente, bisognerebbe concludere amaramente che quanto possa star bene a Germania e Paesi satelliti non vada certo considerato un buon viatico per l’Italia in prospettiva post emergenza, al contrario.

Il plauso e le retoriche sui successi internazionali italiani riemersi immediatamente dopo l’annuncio dell’accordo dell’Eurogruppo sulle modalità di utilizzo, apparentemente senza condizioni, dei prestiti MES per le spese sanitarie dirette e indirette, appaiono ancora una volta eccessive, stonate, stridenti con il contesto burocratico e procedurale della Ue e dello stesso MES. A dire il vero solo una parte della maggioranza governativa ha esultato, lo stesso Premier Conte e parte dei componenti M5S sono apparsi più prudenti, in posizione attendista rispetto all’eventuale ricorso italiano al prestito MES. Le opposizioni, Lega e FdI hanno mantenuto la loro ferma contrarietà.

Le conseguenze della riunione dell’Eurogruppo

La vera partita da giocare è, e sarà, quella sulla messa a disposizione del Recovery fund, il fondo per la ricostruzione, sulla consistenza dello stesso fondo, sulla ripartizione fra versamenti a fondo perduto e prestiti a tasso agevolato, sui tempi di attivazione, soprattutto sulla esplicita indicazione che qualsiasi prelievo non vada a gravare sul debito pubblico degli Stati beneficiari. Per quanto forti siano le spinte nazionali e internazionali relative all’utilizzo immediato da parte italiana del prestito MES a tasso super agevolato sarebbe forse più opportuno, anche in una situazione di grande necessità, avere la freddezza di ragionare in prospettiva accettando il rischio calcolato da Stato sovrano, pena un’irrilevanza definitiva.

La postilla dell’accordo raggiunto dall’Eurogruppo, da sottoporre all’approvazione finale dei Capi di Stato e di governo, prevede:
“..successivamente (alla crisi sanitaria) gli Stati rimarranno impegnati a rafforzare i fondamentali economici e finanziari coerentemente con i quadri di coordinamento e sorveglianza economica e fiscale della UE”. Nulla di nuovo, viene ribadito quanto previsto dai trattati e dall’accordo intergovernativo del meccanismo europeo di stabilità (MES).

Per quanto riguarda l’Italia è proprio l’applicazione ordinaria della procedura a fine emergenza che inquieta. Le procedure e l’applicazione burocratica delle stesse previste nei trattati prevalgono rispetto alle lettere di intenti, nel caso specifico MES senza condizioni e rischi di controlli Troika nel periodo di emergenza, pur approvate e sottoscritte dagli Stati in un momento di eccezionalità. In prospettiva dunque, fra 3, 5, 10 anni, non verrà affatto scongiurata la richiesta di rientro del debito né tantomeno la potenziale eventualità dell’intervento di un controllo più che rafforzato sui nostri conti pubblici.

Solo un accordo fra Stati sulla modifica parziale del trattato MES garantirebbe che ciò non possa accadere in futuro. Il nostro Paese è stato a serio rischio di infrazione per un debito pubblico al 134 per cento sul PIL, sfiorando ottimisticamente a fine emergenza il 160 per cento perché non rischierebbe la procedura di infrazione e la minaccia della Troika? Intendiamoci in un momento di estrema difficoltà come quello che viviamo è oggettivamente corretto contrapporre la tesi meglio prendere subito poi si vedrà, forti della garanzia dell’assenza di condizioni per le spese sanitarie dirette e indirette nell’emergenza. Un dilemma per qualsiasi governo.

Le conseguenze per l’Italia

Nel nostro caso, tenuto conto che nelle trattative UE non abbiamo ottenuto nulla o quasi di quanto richiesto, anche a ragione, gli Eurobond ad esempio, se non la possibile attivazione del Recovery fund dal 2021 allineandoci peraltro su Francia e Spagna, sarebbe forse alla fine più produttivo mostrare per una volta coerenza, visione, indurre al rispetto delle nostre posizioni.
Sollevarci dall’irrilevanza in politica estera con un sussulto inatteso dai nostri partner. Attendere le prossime mosse, non ricorrere al MES nel breve, si tratta di 36 miliardi di euro circa da richiedere entro il 2022, manifestare apertamente disappunto, contrastare assieme a Francia, Spagna e Paesi del fronte Sud l’egemonia della Germania e dei suoi satelliti, minacciare concretamente di sparigliare, puntare tutto sul Recovery fund e sugli altri strumenti messi in campo.

Con la nostra elefantiaca amministrazione e una burocrazia così degenerata bisognerebbe considerare seriamente anche l’oggettiva difficoltà nell’utilizzo di risorse ingenti. L’essenziale per il nostro futuro dovrebbe essere non gravare ulteriormente sul debito pubblico agendo, per quanto possibile, in prospettiva evitando di lasciare ai futuri governi, di qualsiasi colore, un’eredità di Paese declassato e irrilevante. La conflittualità evidente fra Stati per il predominio economico finanziario in barba a qualsiasi idea di integrazione politica europea, la debolezza attuale delle strutture Ue suggerirebbero decisioni chiare e degne di un Paese importante quale vorrebbe ancora essere l’Italia.