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Coronavirus, l'estate 2020 sarà un privilegio da ricchi

coronavirus estate 2020

Gli italiani si preparano a un'estate fatta di code sotto al sole, con una selezione naturale all’ingresso in base al portafogli.

Le restrizioni che permangono per le ultime categorie di esercenti a riaprire i battenti di per sé sarebbero anche delle sane abitudini. Al di là dell’emergenza Covid il distanziamento tra ombrelloni rappresenta una maniera più civile ed ecologica di vivere le spiagge, evitando di asfissiarle e ridurle come quelle della Settimana enigmistica, in cui tocca trovare l’oggetto nascosto da una montagna di bagnanti e stuoini incollati l’un l’altro.

Quante volte abbiamo maledetto la calca sulla battigia, che costringe a guadagnare la riva zigzagando tra i lettini, schivando palloni da volley e palline da racchettoni. Così come nei ristoranti: la distanza tra tavoli significa maggiore comodità e intimità, e la prenotazione è senz’altro una buona pratica per evitare attese e ricevere un miglior servizio. Il pericolo è che il crollo degli introiti, derivante dal dimezzamento di file di sdraio e coperti, faccia lievitare i prezzi di attività obbligate a rifarsi alla svelta dei guadagni persi e difficilmente colmabili dai soli bonus del governo. E lo stesso vale per parrucchieri, estetisti e palestre.

Estate 2020 ai tempi del coronavirus

Il Decreto rilancio recentemente varato dedica ampio spazio al turismo e ha anticipato tra le righe le concessioni del Dpcm per il dopo 18 e 25 maggio, di cui rappresenta la versione economica. Una “doppia” finanziaria che proseguirà ora il burrascoso viaggio parlamentare, varata perché l’Inps non potrà continuare ancora a lungo a versare soldi, seppur pochi, a quanti in questi mesi denunceranno cali di fatturato. Palazzo Chigi spera siano sempre meno: per questo ha annunciato assunzioni, rimandato e ridotto rate, scontato tasse e bollette, incrementato fondi, sovvenzioni e rimborsi. Gran parte saranno proprio stagionali e imprenditori dei comparti ristorazione e balneazione.

Non si è pensato però che, a causa della drastica riduzione dell’offerta, farsi un bagno o incontrarsi con amici e parenti in trattoria, da un momento di benessere e svago alla portata di molti dopo un anno di lavoro, rischia di diventare un privilegio da ricchi, un’esclusiva per pochi nell’estate “al virus”. Abbiamo visto come sia aumentato, e senza motivo, il costo dello stesso cibo nei supermercati. Ammesso che il prezzo dei servizi turistici non s’impenni, gli ingressi contingentati lasciano comunque aperto il problema di come riusciremo ad accedere tutti fisicamente alle spiagge. Incluse quelle libere, presidiate dai Comuni. Anche chi ha la seconda casa al mare dovrà prenotare, meglio da adesso, il proprio fazzoletto di sabbia su cui gettare l’asciugamano.

Sarà curioso vedere come si svolgeranno queste vacanze 2020, con gli italiani costretti a rivedere in pochi giorni riti e tradizioni generazionali, comportamenti e modus vivendi consolidati, entrati nel Dna. Come ce la caveremo col sistema dei tuffi a turno, dei percorsi a senso alterno, delle distanze di sicurezza in acqua e tutto ciò che il bisogno ha fatto venire in mente ai gestori? Ci sarà un assalto al bagnasciuga, ingestibile anche piantonando la costa con elicotteri e motovedette? Si creeranno code sotto al sole, replicando davanti ai tornelli degli stabilimenti il modello supermarket, con una selezione naturale all’ingresso in base al portafogli?

Tra crisi e paura del contagio

O chi non si potrà più permettere un posto al sole resterà ancora a casa, prolungando la quarantena non per decreto ma per le tasche vuote o perché rimasto fuori dal gioco delle sedie innescato dalle misure del distanziamento sociale? Forse ci guadagnerà la montagna, dove escursioni e scalate per boschi e valli offrono maggiori spazi; ma anche lì hotel, rifugi e agriturismi dovranno adeguarsi e ridurre le disponibilità.

Ad oggi non ci sono impennate sui siti delle agenzie di viaggio, anzi tutti gli operatori assicurano il rimborso o il posticipo della caparra in caso di disdetta. Segno che, al di là delle possibilità materiali, molti italiani hanno ancora paura dell’infezione e non se la sentono di imbarcarsi in un’avventura che non sanno come finirà. Chi riuscirà a mantenere sempre un metro di distanza recandosi alla toilette, alzandosi dal bancone del chiosco per pagare il conto o giocando coi figli in mare? Certo, per chi se le potrà permettere, saranno le ferie meno rilassanti della sua vita.

Senza contare che il via libera agli spostamenti tra regioni renderà ancor più complesso ogni controllo.

La verità è che in Germania risalgono i contagi, e lo stesso in Svezia, che ha deciso per la chiusura “soft”; calano leggermente i morti in Spagna, Francia e Regno Unito, dove la malattia ha fatto rapidamente abbandonare a Johnson l’idea dell’immunità di gregge. Contemporaneamente però esplodono fuori dall’Europa, in Russia e in America latina: Fauci e l’Oms continuano a frenare sull’allentamento, mentre in Cina e in Asia è già iniziata la seconda ondata, quella di “ritorno”. Impossibile non vedere come le macchie di leopardo in cui è diviso il pianeta, e le micromacchie in cui è spartita a sua volta ogni nazione, non seguano altro che la maggiore o minore stretta del lockdown. Sono campanelli d’allarme che dovremmo cogliere.

L’Italia prepara la valigia

Ma l’Italia andrà in vacanza, assicura Conte. Col plexiglass o senza. Sicuramente riaffidandosi a quel buon senso troppe volte tradito già in fase 1. Abbiamo sentito dal premier un profluvio di numeri: milioni e miliardi, percentuali e statistiche. Fortuna che, in mezzo a tante iniezioni di denaro, ce n’è anche per la sanità. Al netto dell’unica certezza matematica, cioè che è impossibile accontentare tutti, non si può dire che l’esecutivo – tra ammortizzatori sociali e contributi a fondo perduto – non abbia mosso un dito per famiglie, migranti in nero, fasce deboli.

Fin troppo scontato affermare che, per la precarietà in cui versavano tante imprese già prima del Coronavirus, non basterebbe il doppio delle risorse stanziate per rilanciarle. Ma stiamo facendo i conti senza l’oste, che arriverà con la ricevuta a fine mese. Virologi ed epidemiologi ripetono che, per vedere se siamo maturi per la fase 2 “allargata” o fase 3, bisogna attendere il periodo di incubazione del Covid: due settimane dal fatidico 18 maggio che ha segnato la vera ripartenza in tutto il Paese.

L’opposizione pronta alla rivincita

E se da giugno l’indice di contagio iniziasse a risalire, e tornassero ad aumentare decessi e ricoveri? La politica non sta facendo il passo più lungo della gamba, illudendo i cittadini nel tentativo di assecondarne gli umori? A quel punto chi glielo spiegherà che ci siamo sbagliati e occorre rientrare subito in appartamento? Si sceglierà di andare avanti lo stesso, a oltranza, sfidando il virus a viso coperto in attesa di cure, vaccini o di una spontanea scomparsa? O si affronterà la frustrazione degli elettori per il dietrofront, e la rivincita dell’opposizione?

Allora Salvini e Meloni godranno, come ogni panchinaro, del beneficio del dubbio che con loro in campo sarebbe andata meglio. Serietà e rispetto per gli italiani vorrebbe dire aspettare i dati della Protezione civile e dell’Iss delle settimane a cavallo tra maggio e giugno, prima di sbilanciarsi in promesse di riprese e di rilanci. Lo scenario è ancora imprevedibile.