> > Caso camici, quella del cognato di Fontana non fu una donazione

Caso camici, quella del cognato di Fontana non fu una donazione

Fontana caso camici cognato donazione

Spunta una chat WhatsApp che mette in imbarazzo Fontana sul caso camici. La nuova ipotesi degli inquirenti: quella del cognato non fu una donazione.

La Regione Lombardia è stata travolta dall’inchiesta che riguarda il governatore Attilio Fontana per il caso dei camici medici forniti, durante l’emergenza coronavirus, dal cognato del presidente in circostanze sospette. Secondo una nuova ipotesi al vaglio dei pubblici ministeri milanesi, la trasformazione della commessa da 513mila euro per 75mila camici all’azienda del cognato di Attilio Fontana in donazione a favore di Regione Lombardia potrebbe essere frutto di un “accordo preordinato” tra Andrea Dini e Aria spa, la centrale acquisti della Lombardia. Non una donazione dunque, ma qualcosa di estremamente diverso. Sotto accusa, oltre a Fontana, c’è il cognato, titolare della Dama spa e l’ex dg di Aria, Filippo Bongiovanni.

Fontana, caso camici: col cognato non fu donazione

Secondo gli inquirenti la fornitura sarebbe stata trasformata in donazione per poter rivendere parte dei camici. Fontana sostiene di aver chiesto al parente di rinunciare al pagamento dei camici per evitare polemiche sul conflitto di interessi, ma forse dietro potrebbe esserci la volontà di poter rivendere un terzo della commessa, 25mila camici, ad un onlus varesina ad un prezzo più alto. Un’ipotesi, come detto, che però sembra trovare riscontro in alcune chat su WhatsApp. Stando a quanto riportato dal Corriere della Sera, in un messaggio inviato la mattina del 20 maggio, prima della comunicazione da parte di Dini alla Regione di voler “donare” il materiale sanitario, lo stesso scrive: “Abbiamo ricevuto una bella partita di tessuto per camici. Li vendiamo a 9 euro, e poi ogni 1000 venduti ne posso donare 100”.

Questo messaggio cambierebbe la visione degli inquirenti in quanto paleserebbe un progetto premeditato. A questo punto la frode in pubbliche forniture contestata a Fontana, Dini e Bongiovanni non riguarderebbe più un tentativo di rivendere parte del materiale effettuato dopo la donazione per rientrare del mancato guadagno, ma potrebbe invece essere stata progettata prima sulla base di un accordo con l’amministrazione regionale. Supposizioni al momento, che andranno arricchite con ulteriori prove e testimonianze. Intanto la guardia di finanza ha trovato proprio i 25mila camici – mai consegnati alla Regione – nel corso di una perquisizione presso la Dama Spa. Un intervento che lo stesso Dini ha accolto come “una liberazione perché così hanno visto che sono qua, non vedevo l’ora di liberarmene”.