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Referendum taglio dei parlamentari, come funziona: la spiegazione

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Taglio dei parlamentari, il referendum che divide l'Italia tra il si e il no: come funzione?

Gli italiani sono chiamati alle urne il prossimo 20-21 settembre per il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari. Il voto in questione, se non ci fosse stata la quarantena, era previsto per lo scorso 29 marzo, ma il covid-19 ha obbligato al rinvio. La proposta, fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle, è il punto di arrivo di quasi 10 anni di lavoro nei quali, proprio i pentastellati, hanno fatto del tema un loro cavallo di battaglia. Ma cosa prevede il referendum sul taglio dei parlamentari?

Referendum taglio dei parlamentari: come funziona

Iniziamo col dire che la diminuzione dei rappresentati eletti in entrambe le Camere, andrebbe a modificare l’art. 56, l’art.57 e l’art.59 della Costituzione. Nello specifico si passerebbe da 630 a 400 seggi alla Camera e da 315 a 200 seggi al Senato, con un taglio complessivo di 345 parlamentari, pari al 36,5%. Tra questi, verrebbero ridotti i parlamentari eletti all’estero (18 a 12) e i senatori a vita (massimo 5). Logica vuole che, diminuendo il numero di eletti aumenti il numero di abitanti per parlamentare, ovvero per ciascun deputato si passa da 96.006 a 151.210 cittadini e per ciascun senatore da 188.424 a 302.420 cittadini. Di conseguenza, nel caso di approvazione, sarà necessario ridefinire i collegi elettorali tramite una nuova legge che richiederà ulteriore tempo per l’approvazione.

Referendum taglio dei parlamentari: i costi

Il Moviemento 5 Stelle pone da sempre la proposta della riduzione del numero dei parlamentari come elemento cardine per il taglio dei costi della politica. Secondo le stime fatte dal partito ci potrebbe essere un risparmio di circa 100 milioni di euro all’anno, per un totale di circa 500 milioni a legislatura. I numeri sarebbero invece diversi per l’Osservatorio dei conti pubblici italiani di Carlo Cottarelli, che parla di un risparmio molto più contenuto: con un netto complessivo annuo di 57 milioni di euro e di 285 milioni a legislatura (riduzione della spesa pubblica solo dello 0,007% sul totale).

Referendum costituzionale: cos’è?

Come accennato in precedenza, il referendum sul taglio dei parlamentari è un referendum di tipo costituzionale, detto anche confermativo o sospensivo. È regolato dall’art.138 della Costituzione nel quale si sancisse che non è richiesto il raggiungimento di un quorum, ovvero una soglia minima di voti per renderlo valido: vince il risultato che ha ottenuto il maggior numero di voti. Al contrario di un referendum abrogativo, agli elettori non si chiede di votare per eliminare una legge, ma piuttosto di approvare una riforma del testo costituzionale già vagliato da Camera e Senato. Infatti, le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali vengono sottoposte a referendum solo nel caso in cui, in seconda lettura, non siano state approvate con una maggioranza di 2/3 da ciascuna delle due Camere. Inoltre, secondo l’art.138, per avere un referendum costituzionale è necessario che ne facciano domanda o un quinto dei membri di una Camera, o cinquecentomila elettori, o cinque Consigli regionali.

In questo caso, in Senato la legge ha raggiunto la maggioranza ma non la soglia richiesta a causa del voto contrario di Partito Democratico e Liberi e Uguali (al tempo all’opposizione del governo Conte 1) e l’astensione di Forza Italia. Quindi, anche se la riforma costituzionale è stata approvata in seconda lettura da tutti i gruppi parlamentari della Camera lo scorso ottobre, per farla passare si è reso necessario richiedere un referendum.Il referendum sul testo di legge costituzionale approvato dal Parlamento ha raccolto le firme di 71 senatori, numero superiore al requisito previsto dall’art.138. Gli unici partiti a non supportare la richiesta sono stati Fratelli d’Italia e il Gruppo per le autonomie.