> > Referendum 2020, cosa cambia dopo la vittoria del sì

Referendum 2020, cosa cambia dopo la vittoria del sì

Cosa cambia con il referendum 2020

I sostenitori del sì, dopo la vittoria al referendum 2020, annunciano l'inizio della stagione delle riforme: ma cosa cambia esattamente?

La consultazione referendaria che si è tenuta tra domenica 20 e lunedì 21 settembre ha visto recarsi alle urne il 58,3% degli aventi diritto, che hanno sfidato la paura del Covid pur di esprimersi in merito al quesito sulla riduzione del numero dei parlamentari. Il Sì ha vinto con quasi il 70% delle preferenze, decretando il successo di una delle più attese riforme istuzionali della legislatura. Ma cosa cambia esattamente con il referendum 2020?

Cosa cambia con il referendum 2020?

Secondo quanto disposto, il numero dei seggi alla Camera passerà dagli attuali 630 a 400, mentre al Senato la riduzione sarà da 315 seggi a 200. Il numero complessivo dei deputati e senatori sarà dunque 600 e scenderà così al di sotto di quella famigerata “quota mille” da ben 945 onorevoli, che faceva dell’Italia il paese in Europa con il più alto numero di parlamentari. Se prima infatti si eleggeva un deputato ogni 96 mila abitanti e un senatore ogni 188 mila, dopo il taglio ci saranno rispettivamente un deputato ogni 151 mila abitanti e un senatore ogni 302 mila. Il rapporto tra abitanti e rappresentanti dunque aumenterà, ma ciò, se paragonato alla media degli altri paesi europei, non dovrebbe inficiare il corretto funzionamento del nostro sistema parlamentare.

Il numero minimo dei senatori che ciascuna regione potrà eleggere passerà da 7 a 3, eccezion fatta per Trento e Bolzano che continueranno a esprimerne 3, del Molise e della Valle d’Aosta che ne manterranno rispettivamente 2 ed 1. Anche i parlamentari eletti nelle circoscrizioni estere saranno ridotti da 6 a 4 per il Senato, e da 12 a 8 per la Camera. Il numero dei senatori a vita, invece, non potrà più essere complessivamente superiore a 5, poichè prima si tendeva a interpretare che 5 fosse il limite massimo di nomine conferite da ciascun presidente della Repubblica.

Il risparmio economico

Ma, secondo i sostenitori del sì, questi numeri stridono con il risparmio complessivo che verrà agli italiani da questa nuova riduzione, il quale, secondo l’Osservatorio dei conti pubblici di Carlo Cottarelli, dovrebbe valere ogni anno quasi quanto un caffè: circa lo 0,007% della nosta spesa pubblica.

Collegi elettorali e regolamenti parlamentari

Inoltre, occorrerà ripensare, nell’ordine, i collegi elettorali, i regolamenti parlamentari e le modalità di elezione del presidente della Repubblica. Per i primi il governo dovrà – entro il termini di 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale della nuova riforma – disporne di nuovi rispetto agli attuali previsti dal Rosatellum, o attraverso una legge elettorale già adottata in commissione Affari costituzionali della Camera, che tra le altre cose prevede un proporzionale con sbarramento al 5 per cento, oppure tramite una norma che riduca il numero dei collegi di tre ottavi rispetto a quello attuale.

I regolamenti parlamentari poi, dovranno essere modificati per le procedure che ora richiedono il quorum e la prorporzionalità dei gruppi per formare le Commissioni permanenti.

L’elezione del Presidente della Repubblica

Per ciò che concerne l’elezione del capo dello Stato, se il governo durerà sino alla fine non cambierà nulla. In caso contrario, il nuovo presidente della Repubblica dovrà essere votato da 600 parlamentari più i senatori a vita e i 58 delegati regionali, con una chiara riduzione del numero dei votanti e di conseguenza con maggior peso acquisito da parte dei delegati regionali, motivo per il quale è al vaglio un’ipotesi per ridurli di circa un terzo. Ad ogni modo per assistere a questa novità non di poco conto ci sarà da attendere la prossima legislatura.