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Stato di emergenza, proroga: gli effetti su lavoro e ingressi dall'estero

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La proroga dello stato di emergenza è ormai imminente: quali cambiamenti si avranno per lavoratori e persone provenienti dall'estero?

Il governo sta pensando ad una proroga dello stato di emergenza, attualmente in vigore fino al 15 ottobre: nell’attesa di conoscere i termini del prolungamento, vediamo quali effetti potrebbe avere sui lavoratori e sulle persone provenienti dall’estero.

Proroga dello stato di emergenza

Le ipotesi che l’esecutivo guidato da Conte dovrà prendere in considerazione sono sostanzialmente tre. Prorogare lo status di qualche settimana e vedere l’effetto sortito dal rientro a scuola. Prolungarlo direttamente fino alla fine dell’anno. Oppure, pista meno probabile, smontare pezzo per pezzo lo stato mantenendo attive solo le porzioni ritenute ancora utili. Vale a dire l’utilizzo delle mascherine, l’obbligo di distanziamento e lo smart working.

La decisione definitiva verrà presa a ridosso della scadenza ma il prolungamento sembra ormai definitivo considerando i numeri dei contagi. Se a luglio si optò per la proroga con circa 300-400 casi positivi al giorno, è impossibile che non venga fatta ora che ve ne sono 1.800. Interrogato sulla questione, il ministro Speranza ha affermato che “faremo una valutazione da qui a qualche settimana“.

Prorogare lo stato di emergenza potrebbe voler dire prorogare anche lo smart working, vale a dire la procedura semplificata che consente ai datori di lavoro di decidere unilateralmente sul ricorso al lavoro agile. Per ora è in vigore fino al 15 ottobre e dal 16 si ripristinerebbe la procedura della legge 81 del 2017. Questa prevede l’accordo individuale con il singolo lavoratore come condizione per ricorrere allo smart working. Ma non si escludono prolungamenti anche su questo fronte o modifiche alla legge come annunciato dal ministro Catalfo.

Con lo status ancora in vigore, si potrebbero poi estendere le regole che impongono attualmente l’obbligo del tampone per chi entra in Italia da paesi considerati a rischio. Vale a dire Croazia, Grecia, Malta, Spagna e Francia (limitatamente alle Regioni Alvernia-Rodano-Alpi, Corsica, Hauts-de-France, Île-de-France, Nuova Aquitania, Occitania, Provenza-Alpi-Costa azzurra).