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Nuovo Dpcm ottobre 2020: serve di nuovo che il Governo sostituisca la nostra coscienza

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A volte i nostri principi volti alla libertà assoluta non fanno che guidarci all’autodistruzione: da egoisti da questa pandemia non ne usciremo di certo.

È ormai questione di ore: il Governo Conte sta per approvare il nuovo Dpcm, che ancora una volta vedrà una stretta delle misure, necessaria per arginare l’epidemia di Covid-19, i cui numeri stanno crescendo in maniera preoccupante. Diversi i punti presentati filtrati dalla bozza del decreto, dall’obbligo delle mascherine per tutta la giornata alla chiusura anticipata dei locali.

Libertà personale vs salvaguardia generale: chi vince?

Partiamo dalla prima misura, che concretizza a livello nazionale la miriade di libere interpretazioni dei governatori regionali sull’uso della mascherina. E ancora una volta tocca sottolineare come non si sia riusciti a mantenere una linea univoca tra le diverse regioni su quella che dovrebbe essere una regola di buon senso, ovvero indossare i dispositivi di protezione individuale non appena varcato il portone del proprio palazzo. E invece no. Quindi nell’attesa dell’aut aut da parte del Governo, chi vive nel Lazio è al momento è obbligato a tenere sempre la mascherina, mentre in Puglia la misura è selettiva: scatta la sanzione solo se si è beccati senza mascherina davanti a luoghi particolarmente affollati come le scuole.

Nella stragrande maggioranza degli altri territori, invece, la scelta è affidata al cittadino. “Purtroppo”, commenta chi scrive questo articolo, perché ancora troppo spesso vige un’aura di menefreghismo sul Covid, nonostante giornali e tg continuino a fornire dati allarmanti su contagi e morti in Italia; senza dimenticare che al di fuori dei confini la situazione sembra essere decisamente peggiore. Sembra assurdo che ci sia bisogno ancora di un provvedimento per obbligarci a salvaguardare la nostra salute (con buona pace dei no-mask), ma tant’è: alle volte i nostri principi volti alla libertà assoluta non fanno che guidarci all’autodistruzione.

I rischi per l’economia locale

C’è però un altro punto del Dpcm che rischia di trasformarsi in una pericolosa miccia sociale, riportandoci agli episodi di rivolta che abbiamo vissuto durante il lockdown: la chiusura anticipata dei locali alle 23. Una misura necessaria, visti i forti assembramenti soprattutto tra i giovani nei luoghi della movida, ma che potrebbe assestare un altro colpo all’economia locale, già fortemente danneggiata dagli effetti delle chiusure precedenti. Proprietari di locali e ristoranti (benché non sia ancora chiaro se il limite varrà anche per loro) si ritroveranno ad abbassare la serranda nel momento di maggiore flusso di clientela.

Ora viene da chiedersi: quale sistema di assistenzialismo ha previsto il Consiglio guidato dal premier Conte per rimborsare le perdite che inevitabilmente saranno connesse a queste chiusure anticipate? Questo non è ancora emerso da Palazzo Chigi, toccherà attendere il testo definitivo del Dpcm per avere qualche dettaglio. Quel che è certo è che restrizioni di questo tipo andranno sempre più a strozzare un’economia locale a cui i sindaci stanno tendendo una mano, ma che alla fine saranno le vere vittime di questa pandemia.

Forse andrebbe spiegato a quei ragazzi che rumoreggiano quando l’esercente abbandona il bancone per chiedergli di non assembrarsi al di fuori del locale o quando entrano senza mascherina. Dopo il lockdown, questa potrebbe trasformarsi in una nuova ‘riforma di sangue’ per l’economia. E portando ancora tante saracinesche ad essere abbassate definitivamente come accaduto negli ultimi mesi. E a ritrovarsi a fronteggiare la rabbia vomitata quotidianamente dai cittadini saranno i sindaci, a cui va il merito di aver messo in atto provvedimenti di assistenza, dall’accesso agevolato al credito fino alla possibilità di espandere il suolo pubblico occupato da tavolini e sedie senza particolari complicazioni burocratiche.

Dov’è la soluzione? Nell’empatia

“Come se ne esce?” viene da chiedersi, adducendo giustamente al fatto che si tratta di provvedimenti necessari per arginare un’epidemia in continua crescita. Giustissimo, viene da rispondere, ma il controllo va fatto ante legem, non post. Non deve essere il Governo a obbligarci a indossare le mascherine, ma la nostra coscienza. Non solo pensando a nostro nonno che troveremo a casa al ritorno da lavoro e che, se esposto al virus, rischia maggiormente complicazioni serie rispetto a noi. Pensiamo invece al panettiere, al bar vicino casa, al ristorante dove siamo soliti pranzare la domenica, al locale dove passiamo le serate nel week-end. Pensiamo che se non teniamo le mascherine alzate, saranno le saracinesche ad abbassarsi. Per sempre. E forse scatterà un meccanismo di empatia, più forte della necessità di essere liberi a tutti i costi.

In fondo essere umani è anche questo. E da egoisti da questa pandemia non ne usciremo di certo. ‘Forse ne usciremo migliori’ aveva detto qualcuno quando ancora avevamo paura di mettere un piede per strada. Ad oggi sembra un’utopia, mentre la luce in fondo al tunnel si fa sempre più lontana, mentre a pagare il prezzo della noncuranza generale sono le persone a cui vogliamo bene.